Avvenire di Calabria

La Cattedrale ha ospitato martedì 22 ottobre la celebrazione di preghiera per tutte le missioni

Mese missionario a Reggio Calabria: durante la Veglia ricordato il vescovo Scopelliti

La riflessione di monsignor Fortunato Morrone: «Il vescovo reggino ha lasciato un'importante eredità espressione della natura della Chiesa»

di Redazione Web

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Il mese missionario nella diocesi di Reggio Calabria - Bova ha avuto il suo momento culminante nella ormai tradizionale Veglia Missionaria diocesana che, quest'anno, si è svolta martedì 22 ottobre nella Basilica Cattedrale di Reggio Calabria, nel ricordo del vescovo Antonino Scopelliti.

Veglia missionaria diocesana a Reggio Calabria nel ricordo del vescovo Antonino Scopelliti

Organizzata dal Centro diocesano missionario diretto da don Pascal Nyemb, la Veglia Missionaria è stata presieduta dall’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria-Bova, monsignor Fortunato Morrone. La celebrazione è stata occasione per ricordare monsignor Antonino Salvatore Scopelliti (nella foto durante una delle sue ultime celebrazioni in riva allo Stretto), vescovo emerito di Ambatondrazaka (Madagascar) e religioso missionario dell’Ordine della Santissima Trinità. Monsignor Scopelliti si è spento nella sua Reggio Calabria all'alba del 22 ottobre dello scorso anno, proprio nel giorno in cui la Chiesa celebrava la Giornata missionaria mondiale.



Monsignor Morrone, nella sua riflessione, ha fatto riferimento all'eredità lasciata da monsignor Scopelliti e al valore della missione oggi: «La preghiera alimenta il desiderio, che è desiderio stesso di Dio. Gesù, con la sua risurrezione, ci ha dato la sua missione: andate e portate la buona notizia a tutti. Da monsignor Scopelliti - ha ricordato Morrone - è partita una missione, ma ce ne sono tanti altri in giro per il mondo, soprattutto in Africa, dove persiste una presenza significativa della nostra Chiesa. Ma oggi accade qualcosa di nuovo, ovvero che dall’Africa, e da altre parti, vengono da noi, portando sempre il Vangelo ma in modo diverso, con altra ricchezza, perché il Vangelo non è una parola scritta, altrimenti sarebbe lettera morta. E quella parola del Signore scritta nel nostro cuore. Ecco perché alla Sua Parola dobbiamo aggiungere qualcosa di nostro, una goccia di bellezza personale, affinché nessuno sia privato del Vangelo, nessuno sia escluso dalla bella notizia».


PER APPROFONDIRE: Gallico ricorda monsignor Scopelliti. Il racconto di un sorteggio e le visite del vescovo “tornato da lontano”


Riflettendo, poi, sul Vangelo del giorno (Mt22, 1-14), l'arcivescovo di Reggio Calabria - Bova ha voluto condividere con i presenti le sensazioni personali suscitate dalla Parola di quella sera: «Mi ha fatto riflettere con un po’ di timore, nel senso dello Spirito (stare attenti a non sprecare il dono del Vangelo in ciascuno di noi): “Allora il re si indignò”. Questa parola mi è risuonata perché è come se venissimo interrogati: ci è stato fatto dono del Vangelo, riusciamo a donarlo ad altri? Da qui nasce l’indignazione. Riusciamo a trasmetter la gioia del banchetto a cui prendiamo parte ogni domenica? Un banchetto che culmina nell’Eucarestia e che non a caso si conclude con un comando: “andate”».

«Vuol dire - ha aggiunto il presule - che non dobbiamo tenerlo per noi. È chiaro allora che o come credente sono missionario, quindi urge in me il desiderio di comunicare quello che ho ricevuto, oppure non sono un discepolo del Signore. Grazie a Papa Francesco stiamo scoprendo in questi anni che il cuore pulsante della nostra Chiesa è sinodale, ma la natura è missionaria, così come quella di Gesù che viene “mandato dal Padre”: Lui che esce fuori da sé per protendersi verso di noi.  Siamo tutti nella stessa missione ed è una grazia immensa».

Infine il messaggio: «Molti di voi si troveranno nei “crocicchi delle strade”, accanto a chi non ha parole ed è in difficoltà. Se ci sta a cuore, se siamo toccati dalla grazia, il Vangelo è il nostro tesoro. È il nostro diritto e a nessuno si nega un diritto. Ogni uomo ha diritto di ascoltare la Parola, di vicinanza e di accoglienza e di tutto ciò che c’è di umano».

Monsignor Scopelliti: il ricordo di don Claudio Roberti e di monsignor Lalaina

Nel corso della celebrazione sono state lette anche le testimonianze di monsignor Orthasie Marcellin Lalaina, attuale vescovo di Ambatondrazaka, e di don Claudio Roberti, sacerdote reggino missionario Fidei donum in Madagascar. Don Claudio ha ricordato con affetto monsignor Antonino Salvatore Scopelliti: «Monsignor Scopelliti arrivò in Madagascar nel settembre del 1966 con una nave partita da Livorno. Era un religioso appartenente all’ordine dei padri Trinitari. Fu chiamato dal vescovo monsignor Francesco Vollaro anch’egli trinitario, a vivere il servizio presbiterale e religioso nella diocesi di Ambatondrazaka. Era nato a Gallico superiore il 9 aprile 1939 ed è sempre rimasto fortemente legato alla sua terra e alla sua famiglia e ci ritornava ogni volta che poteva. Pur amando profondamente le sue origini , le consegnò insieme ai suoi affetti più cari al Signore Gesù che lo ha chiamato alla vita religiosa e missionaria nell’Isola rossa».

«Un tratto distintivo della sua personalità è stata la gioia, che esprimeva nelle relazioni con tutti quelli che incontrava e lo accompagnavano», ancora il ricordo di don Roberti. «La sua gioia era diffusiva contagiando i suoi compagni di strada. È stato un lavoratore infaticabile nella vigna del Signore. Ha percorso migliaia di kilometri durante i suoi 58 anni di vita missionaria. A piedi in moto in macchina in aereo, sempre sopportando anche eroicamente le prove e le sofferenze legate alla fatica dell’andare incontro agli altri. Dalle città dell’occidente opulento, fino alle centinaia di villaggi sperduti nelle foreste e nella boscaglia del Madagascar», la testimonianza del sacerdote reggino Fidei donum in Madagascar.

Don Claudio ha, inoltre, ricordato come monsignor Scopelliti avesse nel cuore una passione: «Gesù e la Sua Chiesa. Questo tesoro portava e distribuiva a tutti con i poveri mezzi e con i limiti di un semplice uomo calabrese, di origini umili, che confidava totalmente nella grazia di Dio. Le sue priorità erano tutte concentrate nel portare Gesù a tutti senza escludere nessuno. Lo ha fatto con tutti i mezzi a lui possibili. Dalle opere di carità verso i poveri alle opere di evangelizzazione in tutte le forme possibili».

Poi il ricordo personale: «L’ho conosciuto in Madagascar oltre quarant’anni fa.  Lui divenne vescovo e io prete. Mi chiamò a essere missionario presbitero nella Sua diocesi. Eravamo gli unici reggini in tutta l’isola. Abbiamo pregato e lavorato tantissimi anni insieme anche con monsignor Gaetano prima suo Vicario e poi Ausiliare. Ci legava una profonda amicizia, frutto della comunione con Gesù nella grande famiglia della Chiesa Cattolica. Davanti ai problemi e alle difficoltà cercava le soluzioni facendosi aiutare ordinariamente dai suoi amici e collaboratori.  Monsignor Antonio aveva una grande saggezza e maturità pastorale».

«Ricordo che già nell’anno 2000, l’anno del grande giubileo, propose alla diocesi di impegnarsi a camminare tutti insieme. Desiderava che tutti entrassero nell’unica Via che porta alla Vita che è Gesù.  Su questa unica strada tracciata da Gesù per la vera umanizzazione di tutti sarebbe stato possibile mettere in atto le sinergie, la solidarietà e la comunione che manifestano la fede la speranza e la carità ricevute in dono nel battesimo», ancora la testimonianza di don Claudio.

«Questo camminare insieme detto in lingua malagasy "miara-dia" avrebbe aiutato ciascuno ad uscire da se stesso e andare incontro agli altri, realizzando la reciprocità frutto dell’amore pieno e la fraternità universale. I presbiteri della diocesi, grazie all’amministrazione dei sacramenti,  avrebbero reso possibile a tutti di vivere nella Verità, cioè percorrere l’unica Via che fa giungere alla Vita piena. La comunità con Dio e con le altre persone umane, frutto della comunione con Gesù, doveva essere lo scopo finale del camminare insieme. Questa era per monsignor Antonio la vera Azione missionaria e anche la modalità giusta per far conoscere l’amore di Dio Santissima Trinitá». 



«Alfabetizzazione, scuole, ospedali, centri di formazione per famiglie e catechisti, distribuzione di cibo agli affamati, cura degli ammalati anche nelle loro abitazioni, circoli di incontri con intellettuali e pubblicazione di libri su questioni storico-sociali, insieme con testi di catechismo e spiritualità semplice e tante altre modalità, tutte accompagnate o precedute da una instancabile predicazione della Parola di Dio,  furono come le note nello spartito dell’impegno missionario di questo grande vescovo nel corso della sua lunga vita durata 84 anni. Rendiamo grazie a Dio per questo suo servo fedele nostro fratello amico e padre», ancora la testimonianza di don Roberti.

«Un grande missionario»

Monsignor Lalaina è molto legato a Reggio dove ha concluso la formazione ed è stato ordinato presbitero. Ha avuto l'onore di essere nominato da papa Francesco pastore della stessa diocesi in cui è stato vescovo monsignor Scopelli. Ecco il suo ricordo dell'indimenticato vescovo letto nel corso della veglia diocesana missionaria in Cattedrale a Reggio Calabria: «Monsignor Antonio Scopelliti è un grande missionario. Qualche anno dopo la sua ordinazione sacerdotale, per sua volontà e per sua domanda, è stato inviato in missione in Madagascar». Con queste parole,

«Ha lavorato come missionario più di 50 anni. È stato vescovo di Ambatondrazaka durante ben 23 anni. Ha vissuto il suo primo motto: "Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli" (Mt 28, 19-20). Gli è cara anche la domanda di Gesù "Che tutti siano uno" (Gv 17,21). Ha cercato di promuovere nel suo ministero episcopale la spiritualità della comunione». 

Lalaina ha, inoltre, ricordato come monsignor Scopelliti abbia «fatto tante opere caritatevoli e sociali per il popolo di Dio che gli è stato affidato, tramite la collaborazione con le comunità religiose che ha chiamate nella sua diocesi. Ha avuto una attenzione particolare per la formazione dei catechisti, costruendo dei centri di formazione ad ogni vicariati. È stato un pastore vicino alla gente, comunicava con tutti, avendo anche un carattere gioviale. Ha preparato il clero diocesano, inviando dei seminaristi a formare nel Seminario di Reggio Calabria, mantenendo la cooperazione missionaria».

Conclude la sua testimonianza il vescovo Lalaina: «Il popolo di Dio nella diocesi di Ambatondrazaka si ricorda di lui, e domani si celebra anche la messa per lui nella cattedrale della Santissima Trinità».

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