Avvenire di Calabria

Terzo settore in Calabria, è di nuovo tempo di lotta

Troppe illusioni e troppe promesse negli ultimi anni: adesso la sentenza del Tar condanna l'assistenza a un regresso inevitabile

Luciano Squillaci

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Ci hanno cullato per tre anni raccontandoci una favola meravigliosa, una fiaba che narra di una regione capace di programmare il proprio futuro, di servizi essenziali garantiti, di integrazione socio-sanitaria. Una favola che racconta di diritti e non di favori, di accoglienza e dignità, di garanzie per i cittadini di accedere a servizi di pari qualità su tutto il territorio. Di un Terzo Settore parte sociale, riconosciuto nella sua funzione pubblica irrinunciabile. Di operatori pagati il giusto per la loro professionalità, di tariffe calcolate sulla base dei costi reali per garantire risposte serie ed adeguate ai bisogni. Ci hanno cullato raccontando la favola di un welfare nuovo per la Calabria e forse noi ci siamo addormentati, abbandonandoci al sogno di un nuovo futuro. Ma questa favola non ha un lieto fine, e come tutti i bei sogni il risveglio è terribile. Un brusco risveglio, una sentenza del TAR che ha riportato in un attimo la Calabria indietro di anni, annullando una riforma che, per quanto perfettibile, avrebbe garantito finalmente anche in Calabria l’applicazione di una Legge dello Stato, la 328/2000, che nel resto di Italia è già storia, mentre qui è ancora utopia. Ma come chi si rigira nel letto, tentando di riprendere il bel sogno da dove lo ha lasciato, ci siamo fatti convincere che la riforma sarebbe andata avanti lo stesso, che avrebbero risolto i problemi formali rilevati dal TAR e, con un pò di ritardo, tutto si sarebbe concluso per il meglio. E invece alla fine siamo stati quasi costretti a metterci di fronte alla realtà: dopo l’ennesima promessa non mantenuta, l’ennesimo rinvio, quando abbiamo capito che non ci sarebbe stato neanche il promesso ulteriore investimento di risorse, allora ci siamo svegliati definitivamente, tornando nell’incubo di una regione che investe meno di 24 euro pro capite nelle politiche sociali e senza uno straccio di programmazione. Siamo tornati alla realtà: questa riforma non la vogliono… Non la vogliono i politici, che sono in campagna elettorale e, nella migliore delle ipotesi, preferiscono non porsi questioni delicate (la peggiore delle ipotesi la lascio alla vostra immaginazione). Non la vogliono certamente molti Comuni, che invece di indignarsi perché ancora oggi, a distanza di 18 anni dalla 328, gli viene negato il sacrosanto diritto di avere la delega politica ai servizi sociali, addirittura si schierano contro il passaggio delle deleghe adducendo scuse indegne, evidentemente non considerando cittadini i poveri ed i deboli del loro territorio. E non la vogliono, ed è forse la pagina più triste, neanche alcune realtà del terzo settore, quella minoranza che tutto sommato sta bene, che nella assenza di regole ci guadagna, che riceve tariffe più alte (si, perché in Calabria non tutti sono uguali) e che magari sono terrorizzati al pensiero che domani i Comuni potranno mettere a bando le loro rendite di posizione, oppure autorizzare nuovi servizi, lasciando il giusto diritto di scelta ai cittadini. E così alla fine, per quanto profondamente addormentati, siamo stati costretti a svegliarci. Ma il nostro risveglio non è una buona notizia per i nemici della riforma, per i nemici del welfare calabrese. Non assisteremo in silenzio alla morte dei pochi servizi che ancora resistono. Da domani niente più sogni, si ricomincia la lotta! Insieme al Forum, agli operatori, ai sindacati, a tutti coloro che hanno davvero a cuore le sorti dei più deboli e fragili.

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