Avvenire di Calabria

Il ritorno a Reggio Calabria del ricercatore testimone della distruzione avvenuta nella note tra il 5 e 6 febbraio 2023 al confine con la Siria

Terremoto in Turchia, Iskenderun un anno dopo

Volontario tra le macerie lasciate dal sisma e la ricostruzione, il racconto del professor Enrico Tromba

di Redazione Web

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Il professor Enrico Tromba, storico e ricercatore reggino, volontario presso il vicariato apostolico di Anatolia, è tornato da pochi giorni dall’esperienza in Turchia. Tromba si trovava ad Iskenderun nella notte tra il 5 e il 6 febbraio 2023, quando un violento terremoto di magnitudo 7.8 ha devastato la Cattedrale dell’Annunciazione e parte dell’episcopio dove alloggiava, causando morte e distruzione al confine tra Turchia e Siria.

Il 6 febbraio 2024, la comunità cattolica latina di Iskenderun ha commemorato le vittime del terremoto che ha colpito la regione un anno prima. Tromba ricorda quei momenti di grande tragedia e dolore, ma anche di straordinaria solidarietà e fratellanza.


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«La terra ha tremato e, nel giro di poche ore, ci siamo resi conto che la nostra città, l’antica Antiochia, era stata quasi distrutta», racconta. Nei giorni successivi al sisma, la comunità si è mobilitata per fornire aiuti. «Abbiamo ospitato circa ottanta persone e preparato quattrocento pasti al giorno per chiunque ne avesse bisogno», spiega Tromba.


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La solidarietà non si è limitata ai soli abitanti del posto; aiuti sono arrivati anche dalla Turchia e dall’Italia. «La ricostruzione è stata lenta e complessa, ma la solidarietà è stata una luce in mezzo alla devastazione». Per professor Tromba, l’esperienza vissuta in Turchia ha evocato il ricordo del sisma che colpì Reggio Calabria nel 1908. «Da storico, ho spesso studiato quel periodo, ma viverlo in prima persona mi ha fatto comprendere a fondo cosa provarono le persone all’epoca», afferma, nel sottolineare come la solidarietà vista in Turchia gli abbia ricordato la reazione che ebbero i reggini dopo il terremoto del 1908.

Turchia, un anno dopo la situazione è ancora critica

Tornando alla realtà presente, è ancora la testimonianza del ricercatore, «a un anno di distanza, Antiochia è ancora in condizioni critiche, mentre a Iskenderun la vita sta lentamente riprendendo. La ricostruzione è lunga e complessa», ammette Tromba. «La conferma arriva dai camion che si muovono ancora pieni di macerie e la polvere nell’aria». Immagini di una periferia del mondo che è ancora lontana dal risollevarsi completamente. Dopo la grande attenzione mediatica avuta nell’immediatezza, sulla tragedia oggi si registra un inevitabile calo di interesse nel tempo.

La solidarietà anche dall'Italia

«Fortunatamente, molte associazioni e contatti, sia in Turchia che in Italia, non ci hanno dimenticato», dice lo storico reggino. «Hanno continuato ad aiutarci in vari modi, dai beni di prima necessità ai contributi economici».


PER APPROFONDIRE: Terremoto in Turchia, il ricercatore reggino: «La terra ha tremato, ho avuto paura»


Il 6 febbraio di quest’anno, ad un anno dal sisma, monsignor Paolo Bizzeti, vicario del vicariato apostolico di Anatolia, ha voluto commemorare l’evento con una cerimonia sia sulle macerie della chiesa crollata, sia nella nuova chiesa allestita temporaneamente. Durante la cerimonia, sono stati ricordati «i tanti amici che non ci sono più», inoltre sono state distribuite onorificenze a volontari, associazioni ed enti che hanno contribuito durante i giorni critici. «È stato un modo semplice ma significativo per dire grazie», commenta Tromba, il quale ricorda con emozione i momenti di grande umanità vissuti durante l’emergenza.


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«Ricordo in particolare – dice – le donne anziane di Iskenderun che ci abbracciavano quando distribuivamo cibo nella comunità siriana. Quegli abbracci erano un simbolo di speranza e di salvezza in mezzo alla devastazione. È il più bel ricordo che porterò sempre con me di quella dolorosa esperienza».

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