Avvenire di Calabria

Ricorre oggi il 115° anniversario del violento sisma che rase al suolo le città dello Stretto di Reggio Calabria e Messina

28 dicembre 1908, quella scossa che rase al suolo Reggio. L’impegno della Chiesa e di papa Pio X

Fin dalle prime fasi dei soccorsi fondamentale fu il contributo del clero calabrese e reggino a sostegno delle popolazioni colpite

di Redazione Web

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115 anni fa (era il 28 dicembre 1908) il violento terremoto che rase al suolo le città di Reggio Calabria e Messina. Fondamentale fu, fin dalle prime fasi dei soccorsi, il contributo del clero reggino e calabrese, a sostenere il quale fu il papa del tempo, Pio X. Prezioso il contributo del Pontefice a sostegno degli orfani di quel sisma.

28 dicembre 1908, una terribile scossa di 37 "lunghissimi" secondi

Il 28 dicembre 1908, alle ore 5:21, una terribile scossa, durata 37 “lunghissimi” secondi, rase al suolo le città di Messina e Reggio e numerosi centri del loro circondario. le vittime furono 100.000 di cui 2.000 spazzate via dal maremoto, incalcolabili i danni materiali.


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Altrettanto impressionante, in termini di solidarietà, fu la risposta data dall’Italia e dalle altre nazioni del mondo al terribile sisma. Dalle più alte istituzioni internazionali fino ai più umili cittadini, giunsero nelle zone sinistrate ingenti quantità di aiuti che consentirono l’avvio della ricostruzione e della rinascita dei centri colpiti.

Il terremoto distrusse gran parte del patrimonio edilizio degli edifici di culto, già in maggior parte risalente al periodo della ricostruzione tardo settecentesca, dopo il precedente violento sisma del 1783. Come ricorda lo storico Renato Laganà, «si salvò soltanto una piccola parte delle chiese più antiche ed ai margini dei centri danneggiati vennero realizzati insediamenti provvisori per ospitare le popolazioni rimaste senza abitazioni».

Il pontefice del tempo, papa Pio X - ricorda ancora Laganà - delegò monsignor Emilio Cottafavi, della diocesi di Reggio Emilia, a coordinare i soccorsi nella città e nella diocesi di Reggio rimasta priva del suo arcivescovo, il cardinale Gennaro Portanova, deceduto alcuni mesi prima del sisma.

«La ripresa delle attività di culto e di assistenza si è avuta con lentezza e dopo un certo periodo, sotto l’influsso di agenti esterni, piuttosto pochi in verità, che inviati o sollecitati dal papa Pio X, hanno lentamente risvegliato le energie fiaccate e rimesso in movimento la dinamica pastorale, con l’apporto di sussidi finanziari che hanno contribuito a mettere in piedi strutture provvisorie, ma sufficienti per riavviare la vita delle comunità», ricorda monsignor Antonino Denisi, decano del capitolo metropolitano di Reggio Calabria.

Terremoto del 1908 e le gravi perdite subite dal clero reggino

Il clero, in prima linea - ricorda ancora Denisi - era uscito decimato dal disastro. Rimasero sotto le macerie trenta sacerdoti e due chierici, tra cui il provicario e decano del capitolo, canonico Cristoforo Maria Assumma, il penitenziere, il prevosto del duomo e monsignor Rocco Cotroneo, storico insigne e direttore della “Rivista Storica Calabrese", assieme a molti parroci».


PER APPROFONDIRE: La Chiesa reggina e il terremoto del 28 dicembre 1908


Altri, ancora il racconto, «morirono nei mesi successivi in seguito alle ferite riportate, o si dispersero per tutta l’Italia in cerca di soccorso, insieme ai 160 chierici del seminario arcivescovile, molti dei quali furono accolti nei seminari di Roma, Napoli, Anagni, Massa Carrara e di altre città, per completare gli studi teologici e la preparazione al sacerdozio».

Le prime, tragiche notizie di quanto era avvenuto nell’estrema punta d’Italia, giunsero in vaticano quasi subito. L’Osservatore Romano di martedì 29 dicembre 1908 dava già conto del terremoto, dei gravi danni e delle vittime umane e annotava che la fortissima scossa aveva danneggiato gli strumenti dell’osservatorio Ximeniano di Firenze diretto da Padre Guido Alfani mentre, all’indomani, riportava le reazioni del Pontefice «profondamente commosso» dal disastro e «vivamente desideroso» di nuove e più particolari notizie alfine di poter presto avviare una serie di iniziative dettate dal suo «paterno, vivissimo interessamento».

L’impegno di Pio X per gli orfani del terremoto

La sempre maggiore consapevolezza degli incalcolabili danni, specie alle persone, spinse il papa a un’azione forte e diretta, volta a lenire innanzitutto le sofferenze senza dimenticare le necessità della ricostruzione. scriveva, a tal proposito, lo stesso Pio X al vescovo di Santa Severina che chiedeva un contributo per la ricostruzione di una chiesa: «si terrà conto dei bisogni materiali specialmente delle chiese grandi quando si sarà provveduto all’urgenza dei malati e dei senza pane». Prima preoccupazione del pontefice, infatti, furono «i tanti sventurati fanciulli che in un momento solo si videro privi del tetto paterno e del sorriso confortatore degli amati genitori».

Per questi poveri orfani, già il 15 gennaio 1909, monsignor Giuseppe Morabito, vescovo di Mileto, pensò di aprire a Polistena, sui luoghi stessi del disastro, «un apposito asilo capace di accogliere 500 orfanelli, dei quali 250 saranno maschi e 250 femmine, ai quali, oltre all’istruzione cristiana, far apprendere un mestiere che potrà fornire loro i mezzi di sussistenza». Quella del destino degli orfani fu una delle più sentite e urgenti preoccupazioni del Papa che riuscì a mettere in moto «un’opera assistenziale che, grazie al concorso di 38 congregazioni religiose, assicurò un tetto e una possibilità educativa a 605 orfani del terremoto calabro-siculo del 1908 (413 orfane e 192 orfani).

A questo scopo il pontefice stanziò, dalla sua “borsa particolare”, la somma di un milione di lire che, secondo i calcoli, doveva essere sufficiente al mantenimento e all’educazione di 400 orfani per un decennio prima che si fosse estinto il capitale e gli interessi».

Reggio Calabria e il tempo fermatosi alle 5:20 del 28 dicembre 1908, una mostra lo racconta

L'Amministrazione comunale di Reggio Calabria è da poco rientrata in possesso della collezione di oggetti preziosi riemersi dalle macerie del terremoto del 28 dicembre 1908. Per oltre 70 anni sono rimasti custoditi a Roma, presso la Banca d'Italia.


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Per la prima volta viene esposta al pubblico, proprio al Castello aragonese. L’expo, promossa dal settore Cultura e Turismo del Comune, nell'ambito del programma Pon React-Eu, è stata curata dall'Accademia di Belle Arti e sostenuta dalla Banca d’Italia attraverso il trasferimento, avvenuto lo scorso anno, dei beni recuperati dalle macerie del terribile evento che distrusse la città di Reggio.

In mostra oggetti, monili, utensili, gioielli...tutti appartenenti ad un'epoca storica che non c'è più e che rimanda, allo stesso tempo, alle tradizioni e alle usanze dell’epoca di una comunità fortemente attraversata dal dolore.

La mostra dal titolo "Millenovecentootto" (aperta fino al 28 febbraio, qui gli orari) è un vero e proprio viaggio nel passato, una sorta di macchina di un tempo che si è fermato esattamente alle 5:20 di quel freddo mattino del 28 dicembre 1908, quando la terra - improvvisamente - cominciò a tremare per appena 37 secondi con tutto il carico di sangue e dolore che ne seguì.

Il percorso espositivo si sviluppa nelle sale del Castello Aragonese su tre livelli, articolando cinque percorsi interni che si configurano come “stanze-mentali”: La Soglia; Dei Preziosi; Della Cinematica; Degli Oggetti Mnemonici, Dell’Esperienza.

Un percorso che, come affermano i curatori «è capace di condurci nell’estetica dirompente dei terremoti, dalla morte alla vita, dalla distruzione alla ricostruzione, in un ciclo che vuole riorientare gli sguardi verso il rapporto contingente con la natura primordiale del mondo».

«Un lavoro certosino e molto articolato, curato dai docenti Marcello Francolini, Remo Malice, Francesco Scialò, Pietro Colloca, Davide Scialò, Rosita Commisso e che vede il coinvolgimento di diversi docenti e numerosi studenti e studentesse dell'Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria», afferma il direttore Piero Sacchetti.

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