Avvenire di Calabria

Terra Santa: mons. Pizzaballa (Gerusalemme), “non si può seguire Gesù e rimanere in schema mentale che ci fa prediligere successo, potere, affermazione di sé”

di Redazione Web

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram


Non perdere i nostri aggiornamenti, segui il nostro canale Telegram: VAI AL CANALE


“Non è possibile seguire Gesù e contemporaneamente rimanere dentro lo schema mentale che ci fa prediligere il successo, il potere, l’affermazione di sé. Sono due realtà incompatibili”: a ribadirlo è il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Pierbattista Pizzaballa, nella sua meditazione settimanale al Vangelo della Domenica (la prossima 3 settembre). Per imparare questa logica, spiega il futuro cardinale, occorre ascoltare la Parola di Dio: “Solo chi ascolta, infatti, si apre ad un modo diverso di vivere, accoglie una logica diversa, che è innanzitutto un nuovo modo di conoscere Dio”. Richiamandosi alla figura di Pietro che nel Vangelo non accetta che Gesù accolga “la sofferenza e la debolezza, l’insuccesso e il fallimento – per l’apostolo, infatti, “Dio non può che essere un Dio forte, vincente” –, Pizzaballa spiega cosa significa “rinnegare la propria vita, prendere la propria croce: forse non significa altro che rinnegare, dire di no ad un certo modo di pensare la vita, la sequela, Dio stesso.

Non si tratta di rinnegare ciò che di bello e di buono è in noi, ma ciò che in noi è scandalo, ovvero ci impedisce di entrare nella logica del dono di sé”. Per il patriarca latino “questo è possibile solo dentro un contesto di amicizia e di fiducia grande: solo chi si fida della Parola, chi crede che la Parola salva come ha salvato i discepoli nella tempesta, come ha salvato la figlia della donna straniera, allora è libero dalla propria logica di morte e ritrova se stesso perdendosi nell’amore: questa è la Pasqua, questa è la sequela. Solo chi crede che tutto ciò che è donato, non è perso ma pienamente vissuto, può donare tutto”.

Da qui la conclusione: “Solo chi segue qualcuno, chi sceglie di uscire dalla propria solitudine per amare e appartenere alla persona amata, non sperimenterà il dono di sé come perdita, ma anzi come pienezza di vita: solo perdendosi nell’amore ci si ritrova come persone nuove, libere innanzitutto da se stesse, aperte alla vita”.

Fonte: Agensir

Articoli Correlati