Avvenire di Calabria

Questione educativa, adolescenza senza filtro

Costretti a vagabondare nella rete, decontestualizzati e senza più racconto: oggi gli adolescenti sembrano personaggi in cerca d’autore

Silvia Rossetti

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C’è stato un tempo, non troppo lontano, in cui si mandavano i bambini a letto prima di parlare di cose spiacevoli e si faceva di tutto (fin troppo) per schermare la loro fragilità e per proteggerli dalle brutture della vita.

Erano i medesimi tempi in cui quegli stessi bambini erano ancora capaci di giocare con le ombre che il buio disegnava sul soffitto, immaginando di vederci delle strane figure prima di addormentarsi. Erano i tempi in cui le mamme e i papà trovavano il tempo di sfogliare un libro di fiabe la sera, anche soltanto per guardare assieme ai figliuoli le figure fantasiose che in esso erano custodite.

Non bisognerebbe provare nostalgia nei confronti di epoche passate, perché il tempo trascorre e cambia le cose e i cambiamenti sono insiti nel cammino stesso degli esseri umani. Ma la tentazione di indugiare nel rimpianto è forte. Oggi i nostri bambini si confrontano con altre realtà e sono più intelligenti di noi (quante volte abbiamo sentito questa frase?). Vero, ma interiormente restano fragili e impreparati a ciò che li circonda (e spesso angoscia).

Abbiamo tolto i filtri alla realtà, nostro malgrado e in buona parte a causa dell’impatto profondo e rivoluzionario che la tecnologia ha avuto nella nostra vita.
I bambini ascoltano e vedono notizie o immagini di fronte alle quali restano sprovveduti. Noi adulti del vecchio mondo assistiamo inermi e neppure comprendiamo fino in fondo la portata di questa alluvione di informazioni, spesso negative, infauste, becere o addirittura inventate e mistificate.

Perché, poi, l’altra faccia della medaglia è che i nostri ragazzi, oltre a navigare nel mare della comunicazione selvaggia e tendenzialmente orientata allo “scandalo” emotivo e morale, sono chiamati a confrontarsi poi con le tante fakenews e con personaggi di collodiana memoria. Come sarebbe interessante e utile una versione 2.0 del caro vecchio Pinocchio!

E quindi sotto il diluvio mediatico la sensazione dominante è l’incertezza del domani: troppo insidioso, troppo fluido, troppo disincantato. Non abbiamo avuto il tempo di attrezzarci per questa alluvione e, mentre rispondevamo ai messaggi sulle chat e leggevamo imperdibili post e commenti su facebook, abbiamo dimenticato di mettere a letto presto i nostri bambini, non abbiamo più trovato il tempo di leggere loro le consuete fiabe e gli smartphone hanno preso il posto delle abatjour nelle stanze dei nostri adolescenti.

Orfani delle fiabe sono rimasti i mostri e i “cattivi” costretti a vagabondare nella rete, decontestualizzati e senza più racconto: personaggi in cerca d’autore… La tecnologia ha risolto molte delle nostre difficoltà pratiche, ma nulla ha tolto alle nostre ataviche paure, anzi le ha alimentate in un certo senso.

Il mondo si è dilatato e nonostante i catenacci alle porte delle nostre case blindate e allarmate, le sue creature nefaste sono penetrate silenziosamente fino a giungere a lambire le coperte dei letti dei nostri figli, senza che avessimo il tempo di prepararli a difendersi. Così il clima di leggerezza e divertimento (soltanto apparente) e un certo tipo di umorismo bieco hanno paradossalmente contribuito ad alimentare il cinismo collettivo, unica arma di difesa reperita al momento. Nella vastità di questa terra desolata si è persa invece la speranza, unico reale antidoto alla sfiducia. E si è persa assieme al tempo per le piccole cose concrete, che dovremmo sforzarci di recuperare per bilanciare e contenere l’invasione tecnologica, ormai irreversibile.

Come si ampliano gli orizzonti della speranza in questo mondo che si parla addosso? Per prima cosa rintracciando l’essere umano, scindendolo se possibile dalla creatura mitologica che è diventata: metà uomo e metà cellulare.

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