Avvenire di Calabria

Dal mancato accreditamento, alle sentenze del Tar: le Cooperative tornano nuovamente in piazza

Psichiatria: «Solo chi si sporca le mani può salvare la vita di qualcuno»

L'educatore: «Politiche di razionalizzazione e tagli mettono a rischio il diritto alla cura. La legge Basaglia sotto assedio e il futuro dei pazienti in bilico»

di Giuseppe Foti *

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Mercoledì 16 ottobre 2024, lavoratori delle strutture psichiatriche e familiari dei pazienti si riuniranno alle 16 davanti alla Prefettura di Reggio Calabria: al centro la questione della mancato rispetto da parte della Regione della sentenza del Tar sugli accreditamenti e la tutela dei pazienti.

Psichiatria a Reggio Calabria. Dai mancati accreditamenti alla sentenza del Tar: le Coop tornano in piazza

Il presidio sarà accompagnato un incontro tra i tra i rappresentanti dell’USB (Unione Sindacale di Base), il CooLaP (Coordinamento Lavoratori Psichiatrici) e il Prefetto di Reggio Calabria. L’obiettivo è affrontare la difficile situazione delle strutture residenziali psichiatriche (SRP) della provincia, molte delle quali rischiano la chiusura a causa dell’inadempienza della Regione Calabria nel dare seguito agli impegni presi.

Durante l’incontro con il Prefetto, USB e CooLaP chiederanno con fermezza il rispetto della sentenza del TAR, che ha annullato i provvedimenti contro le strutture. Insisteranno inoltre sulla riattivazione dei posti letto e lo sblocco dei ricoveri, attualmente bloccati. Infine, solleciteranno un intervento risolutivo da parte delle istituzioni per garantire la sopravvivenza delle strutture e la continuità dei servizi.

La denuncia dell'educatore psichiatrico: «Non perdiamo di vista la dimensione umana»

Nella crisi in cui versano attualmente i servizi di salute mentale e la sanità in genere è difficile dare risposte certe, che possano aprire spiragli di ottimismo. In questi tempi dove l’intero sistema pubblico del welfare è messo a dura prova da politiche sempre più lontane dai bisogni reali delle persone, torna a farsi presente sotto forme striscianti l’ombra oscura dei manicomi e della psichiatria riduzionista.



Alle nostre latitudini è visibile da anni che si sta cercando in ogni modo di zittire o tagliare fuori il popolo del sociale per dare spazio a parole come… razionalizzazione della spesa sanitaria. La psichiatria, nello specifico i pazienti e gli operatori delle comunità terapeutiche nonché tutta la disabilità in genere, sono state le prime vittime di questo processo, lento e subdolo, di soppressione programmata. Oggi va ricordato anche che la legge ci dà ragione considerando l’eclatante sentenza del TAR, che ha sottolineato l’abuso di potere perpetrato dalla Regione Calabria nei confronti di alcune cooperative rimaste fuori dal dovuto accreditamento.

Non voglio soffermarmi su questo perché è solo una parte di un fenomeno su larga scala, che ha come scopo di emarginare e tagliare fuori definitivamente chi si occupa seriamente delle persone fragili. Il servizio sanitario nazionale, nato va detto sulla scia rivoluzionaria della legge 180 del 1978 o come meglio conosciuta “legge Basaglia”, è sotto continuo assedio da politiche di emarginazione e discriminazione. Va riconosciuto che i primi a denunciarlo nella nostra città sono stati proprio gli operatori della psichiatria che hanno gridato, disgraziatamente al vento, che era in atto una sorta di forzatura che avrebbe compromesso il diritto alla cura per tutti, partendo da chi è solo uno “scarto” o un “socialmente inutile”, come può essere agli occhi di qualcuno, un paziente psichiatrico.


PER APPROFONDIRE: Salute Mentale: i numeri di un’emergenza


Il paziente con disagio mentale è storicamente messo ai margini da chi vede la diversità come limite e non come risorsa, in un Italia sempre meno inclusiva, se non per propaganda elettorale. Il mestiere della cura è il mestiere dell’incontro, essere disposti a manganeggiare l’incertezza e la pazienza di chi ha perso, come nel caso del paziente psichiatrico, le coordinate della vita. Nel campo della sofferenza psichica è fondamentale capire l’altro e la sua soggettività, messa in discussione da chi vuole rinchiudere dietro muri la follia, a beneficio di una visione totalitaria che ci rende sempre più disumani.

Ascoltare la sofferenza, qualunque essa sia, è fondamentale per la democrazia che oggi rivela il suo declino che sta conducendo verso un’arretratezza politica e sociale. La cosiddetta “comunità di destino”, definizione data da un grande psichiatra italiano, Eugenio Borgna, dovrebbe divenire la cifra tematica, la metafora palpitante e viva (parole sue) di una condizione di vita che rende la vita stessa degna di essere vissuta anche nel dolore e nella sofferenza. Il concetto di comunità, oggi perso nell’immagine retorica della perfezione, ci darebbe la possibilità di ricercare l’arcana indole che ci rendeva umani e meno egoisti.

I pazienti psichiatrici, nonché chiunque viva una condizione di disagio o di sofferenza, si vedono precluso il diritto alla cura, nell’accezione più nobile della parola, e non solo, facendo decadere ogni senso civile ed ogni prassi in una condizione di oscurantismo che per certi versi ha fatto perdere il rispetto per l’altro, paziente o curante che sia. La violenza, di cui ci si lamenta di questi tempi, è fenomeno alienante di ciò che sta accadendo negli animi inariditi e confusi delle persone per la devastazione incessante di quei valori che hanno fatto della nostra amata Patria espressione di civiltà in tutto il mondo.

L’uomo di massa, scrisse il filosofo tedesco Gunther Anders, viene trattato come un animale addomesticabile per permettere di addormentare la sua lucidità e per renderlo docile, ridicolizzando ciò che minaccia di svegliarlo. La capacità di pensare, quindi, è soffocata in anticipo e, per tale motivo, oggi vengono usati mezzi di persuasione che si basano su una finta democrazia o attraverso, come è ed è stato nella psichiatria, di forme di persuasione di massa che fanno leva sulla paura del diverso.



Concludo invitando cittadini e politici a riflettere sul fatto che il bene comune è prioritario e che bisogna mettere in discussione chi mette al primo posto le apparenze o chi ritiene che gli uomini siano solo numeri. Siamo tutti chiamati a rispondere di una situazione dove si vuole nascondere le reali responsabilità di chi, accecato, si comporta come Ponzio Pilato e accetta ordini in silenzio o emette decreti che non guardano le reali condizioni di un territorio, già abbastanza impoverito e martoriato su tutti i fronti.

Protestare per chi soffre, per chi è emarginato, per un diritto, per chi subisce e perché no anche per… chi sta zitto, non è mai un errore! Restiamo umani…

* Educatore psichiatrico

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