Avvenire di Calabria

Il discorso in Cattedrale dell'arcivescovo metropolita, tramite cui invita i fedeli a riscoprire il senso profondo della preghiera e della partecipazione alla vita pastorale in questi tempi difficili

Morosini conclude la Festa: «Dio con noi nonostante la pandemia»

Redazione Web

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L’arcivescovo metropolita monsignor Giuseppe Fiorini Morosini ha parlato più volte nei suoi discorsi in occasione dei giorni di festa in onore della Madonna della Consolazione, della paura.
Un sentimento che mai come quest’anno si è palesato negli animi e nelle azioni quotidiane di ognuno di noi, riversandosi inevitabilmente nella maniera in cui ciascun devoto vive la propria fede. Proprio nel corso del suo intervento finale di ieri in Cattedrale, monsignor Morosini ha voluto riprendere i temi su cui si è sempre basato, come spunti di riflessione per quel che potrebbe essere un messaggio che Dio sta mandando al suo popolo.
«Carissimi fratelli – ha esordito il vescovo nel corso del momento di preghiera organizzato ieri in Cattedrale, quando tradizionalmente si sarebbe dovuta svolgere la processione – non chiudiamo questa giornata e i festeggiamenti in onore della nostra Patrona con un velo di mestizia, di tristezza, quasi a dire quest’anno è andata male».
Secondo quanto monsignor Morosini vuole trasmettere, «dobbiamo ricordare Dio, perché Lui non si lascia prendere dagli avvenimenti. Per lui tutto è Provvidenza, anche quello che noi chiamiamo male o festa anomala». Le parole del vescovo trasmettono il senso di un piano profondo del Padre, che attraverso gli avvenimenti che si stanno svolgendo e che si svolgeranno negli anni a venire, saranno forse compresi anche dall’uomo.
«Quando gli storici racconteranno questo avvenimento – prosegue - e lo guarderanno alla luce della storia che abbiamo continuato a vivere negli anni seguenti, forse potranno individuare la Provvidenza di Dio».
Parafrasando l’esempio biblico tratto dagli Atti degli Apostoli sulla persecuzione dei cristiani e la loro fuga da Gerusalemme, il vescovo Morosini traccia un filo conduttore che va dalle origini della predicazione del cristianesimo fino a nostri giorni. «È in quella fuga che gli apostoli leggono la chiamata di Dio: che fate a Gerusalemme? Il Vangelo è per tutto il mondo. E capiscono che devono andare ad annunciarlo. Noi oggi chiudiamo la festa, ma Dio non si lascia prendere la mano da nessuno, neanche dagli avvenimenti. E allora guardiamo in prospettiva: pensiamo che potremo essere noi protagonisti quest’anno di questa festa anomala, protagonisti di quel futuro che Dio ci traccia e che dobbiamo seguire. Non ho l’ardire di dire qual è il futuro nel pensiero di Dio – riflette Morosini - Però vorrei sottolineare due avvenimenti: abbiamo aperto i festeggiamenti e li abbiamo chiusi senza la processione, ma ci siamo ritrovati in Chiesa a pregare. Probabilmente Dio ci chiede: Come vivete il rapporto con me? Con la Madonna? Questo rapporto lo avete vissuto veramente negli scorsi anni in una preghiera profonda?».
L’epidemia ha rivoluzionato la vita del mondo intero. Il nostro modo di pregare, di ascoltare la messa e di sentirci vicini a Dio è cambiato. Da casa, milioni di persone hanno seguito le celebrazioni liturgiche tramite uno schermo, riscoprendo, probabilmente, il senso profondo della preghiera. Ma ciò che monsignor Morosini vuole comunicare ai suoi fedeli dal pulpito della Cattedrale si rifà alla necessità di prendere coscienza di questa rivoluzione, di ripartire dalla festa di quest’anno, per quanto «anomala», e di riscoprire la preghiera.
«La sofferenza più grande di questa pandemia – aggiunge - è stata quella di aver dovuto accettare relazioni tra di noi ostacolate e imperfette. Anche per me è una sofferenza non poter dare la mano, non potermi avvicinare alle persone per strada, in chiesa e negli ospedali, parlare attraverso un vetro: tutti stiamo soffrendo per queste relazioni impedite. E non minimizziamo queste cose. State seguendo la naturale tragedia di un tempo: le liti tra i politici, i giovani che tornano a scuola con problemi oggettivi e seri. Quello che era spontaneo nella vita di tutti i giorni, deve essere ora controllato». Una realtà di fatto, che ci spinge, seguendo le parole del nostro vescovo, ad interrogarci su ciò che accadrà dopo.
«Quando cesserà la pandemia a quali tipi di relazioni torneremo? E allora forse il Signore ci dice: rivedete il modo in cui vi relazionate. E il vescovo vi dice: sta per iniziare l’anno pastorale, qual è il senso di comunità che avete, qual è la partecipazione che voi avete alla vita parrocchiale? Stiamo per ripartire anche noi nelle parrocchie. Genitori svegliatevi! I bambini devono tornare a messa, i ragazzi devono tornare alla catechesi, i giovani devono tornare a frequentare la chiesa, l’oratorio. Non possiamo continuare con la catechesi tramite computer». La volontà di ritornare a popolare le chiese si rende palese nelle parole di monsignor Morosini, che insieme a tutti cercherà di rispettare le norme prescritte dal Governo anche per quanto riguarda la vita parrocchiale, per cui invita soprattutto i giovani ad una rinnovata e sentita partecipazione, a seguire le messe della domenica, perché la paura non può impedire la ripresa di una vita associativa: «La messa ascoltata da casa non supplisce quella della comunità cristiana. Una caratteristica fondamentale della messa è la convocazione del popolo, che assieme la domenica proclama la Resurrezione del Signore. Ascoltare la messa da casa è stato un modo per colmare un vuoto, ma la messa è nelle chiese, perché ci dobbiamo ritrovare insieme come popolo di Dio e dire Gesù è risorto! Chiudiamo questa festa non con la mestizia di quel che non è accaduto, ma con la gioia per quelle cose che il Signore ci ha fatto vivere in questi giorni». Così monsignor Giuseppe Fiorini Morosini conclude il suo intervento in Duomo, ringraziando tutti coloro che hanno faticato nell'organizzazione generale della festa: i parroci, il servizio d’ordine, i coristi, i seminaristi, le forze dell’ordine, l’Ufficio delle comunicazioni sociali e i giornalisti che hanno dato la possibilità di diffondere le celebrazioni.
«Vi invito dal profondo del cuore a ringraziare il Signore per quel che ci ha dato – chiosa monsignor Morosini - per quel che volevamo avere e non lo abbiamo avuto. Mettiamolo nelle mani di Dio, perché lui sa il perché».

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