Avvenire di Calabria

L’arcivescovo emerito ricorda l’entusiasmo dei laici nel 1999: «Ci fu grande partecipazione»

Monsignor Mondello: «L’esperienza più bella? Il Sinodo diocesano»

Davide Imeneo

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Quarant’anni vescovo. Un cammino ecclesiale fatto di incontri e solitudine, preghiera e dinamismo sociale. Ne abbiamo parlato con l’arcivescovo emerito di Reggio Calabria, Vittorio Mondello, che oggi raggiunge questo traguardo.

Quartant’anni di episcopato, scorriamo le sue tre tappe cominciando da Messina.

Evidentemente quella diocesi era la “mia” diocesi, dove sono nato e cresciuto nella fede. Dopo il percorso in Seminario, ho cominciato a lavorare in diocesi in collaborazione con l’amministratore diocesano e come cappellano di una confraternita. Messina è sempre stata nel mio cuore di sacerdote; lo fu – in modo speciale – quanto ne fui fatto vescovo ausiliario, con un compito peculariare ossia quello di andare nelle isole Eolie per rappresentare l’arcivescovo e a seguire la crescita di quella comunità che non era molto ampia. Questo servizio durò circa 5 anni.

Da giovane vescovo si trovò anche impegnato nell’applicazione del Concilio.

In quegli anni giravo nelle parrocchie per far conoscere l’importanza degli organismi di partecipazione, fu un esperienza molto intensa. Ricordo, in particolare, l’esperienza di una rivista ciclostilata, intitolata Presbiterium, uno strumento che ci metteva in contatto con tutte le parrocchie anche fuori città per far conoscere questi organismi di comunione e che incentivavano la partecipazione dei laici. La seconda tappa del suo cammino è stata Caltagirone Questa è stata la mia prima vera esperienza di governo di una diocesi. Da giovanissimo, avevo 46 anni, prendevo pienamente la guida di una comunità diocesana succedendo al mio amico, monsignor Canzonieri. Devo dire un’esperienza bellissima, che mi ha fatto ammirare il mio predecessore. Ho operato in continuità e una delle mie prime preoccupazioni è stata di rimettere in funzione il Seminario. Un altro impegno importante fu rivedere gli statuti degli istituti di comunione, in particolare di Consiglio pastorale e Consiglio presbiteriale. Certo, io soffrivo un poco – confida sorridendo monsignor Mondello – perché a Caltagirone non c’è il mare, ma quando l’ho lasciata per me è stata una commozione molto forte.

Un viaggio che la condusse alla terza tappa del suo ministero: Reggio Calabria.

È stata l’esperienza più viva del mio episcopato. Le mie tre visite pastorali mi hanno aiutato a conoscere l’arcidiocesi. Di fatto ero sempre in giro a visitare i parroci. La cosa più bella che siamo riusciti a fare è stato il Sinodo diocesano chiusosi nel 1999 alle porte del Giubileo. Fu un’esperienza meravigliosa perché i membri del sinodo furono circa trecento, di cui la maggior parte laici. Un’esperienza così entusiasmante che partorì dei documenti molto apprezzati, uno addirittura lodato in una conferenza dal gesuita Bartolomeo Sorge che lo definì «uno dei più bei documenti che io abbia mai letto nella mia esperienza». Ritengo altrettanto importante anche l’apertura dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose e l’Istituto Teologico, oggi portati avanti con successo da monsignor Morosini. L’esperienza di Reggio è stata per me arricchente e mi ha aiutato a crescere grazie alla collaborazione di tanti preti e laici molto preparati.

Per 10 anni lei è stato anche presidente dei vescovi calabresi.

Devo dire che l’idea che mi sono fatto della regione è che non c’è una sola Calabria, ma almeno tre completamente distinte, sia per modo di agire sia per cultura. C’è la Calabria cosentina, quella catanzarese e quella reggina. Tre “modalità” completamente diverse e per questo ho sofferto un po’. Faccio un esempio: quando riaprimmo il Seminario a Reggio, qualcuno mi accusatò di averlo fatto per contrastare Catanzaro, ma io non potevo minimamente pensare che due seminari potessero entrare in contrasto fra loro, in Sicilia tutte le diocesi avevano il proprio seminario. Fui accusato di rompere la comunione fra le chiese e questo mi fece molto soffrire, ma credo che le cose buone se si realizzano con la sofferenza allora sono cose veramente volute dal Signore.

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