Avvenire di Calabria

Messa a San Francesco: card. Zuppi, “liberiamoci da pericolose polarizzazioni e scegliamo l’unica parte che è quella della pace”

di Redazione Web

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(da Assisi) “Liberiamoci da pericolose polarizzazioni che nutrono lo scontro e scegliamo con convinzione, intelligenza e forza l’unica parte che è quella della pace”. E’ l’appello del card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nella basilica inferiore di Assisi, dopo i Vespri nella basilica di Santa Chiara e la processione dei vescovi fino alla basilica di San Francesco, per implorare il dono della pace pregando sulla sua tomba. “Non si resta a guardare”, il monito del presidente della Cei: “L’odio produce solo odio e non darà mai sicurezza e pace. Facciamo nostro il grido di Papa Francesco, che in realtà è il grido delle migliaia di bambini uccisi: ‘Si soccorrano subito i feriti, si proteggano i civili, si facciano arrivare molti più aiuti umanitari a quella popolazione stremata. Si liberino gli ostaggi, tra i quali ci sono tanti anziani e bambini’. Nel cantiere della pace c’è posto per tutti e ognuno, ognuno, ha il suo”. “Un uomo di pace la dona a tanti intorno a lui, come fece San Francesco”, l’invito: “È il nostro impegno per difendere la Casa Comune e perché sia la casa di ‘Fratelli tutti’. Non è il sogno ingenuo! È l’appassionato sforzo per costruire pezzo per pezzo la pace. E ognuno di noi ha il suo, importante per tutti”. Alla fine, la preghiera di “un grande vescovo italiano, di cui quest’anno ricordiamo i 30 anni dalla morte, don Tonino Bello, fino alla fine artigiano di pace e cantore dell’amore di Dio”: “Spirito Santo, dono del Cristo morente, fa’ che la Chiesa dimostri di averti ereditato davvero. Trattienila ai piedi di tutte le croci. Quelle dei singoli e quelle dei popoli. Ispirale parole e silenzi, perché sappia dare significato al dolore degli uomini. Così che ogni povero comprenda che non è vano il suo pianto, e ripeta con il salmo: ‘le mie lacrime, Signore, nell’otre tuo raccogli’. Rendila protagonista infaticabile di deposizione dal patibolo, perché i corpi schiodati dei sofferenti trovino pace sulle sue ginocchia di madre. In quei momenti poni sulle sue labbra canzoni di speranza. E donale di non arrossire mai della Croce, ma di guardare ad essa come all’antenna della sua nave, le cui vele tu gonfi di brezza e spingi con fiducia lontano”.

Fonte: Agensir

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