Avvenire di Calabria

Giuseppe Mantella che ha fatto parte della speciale équipe che per 9 mesi ha operato nella Basilica vaticana racconta la sua esperienza

Restauro del Baldacchino di San Pietro: mano calabrese per il Bernini

Il restauratore: «Un'emozione indescrivibile aver partecipato al progetto e lavorato insieme ad una prestigiosa equipe di esperti»

di Francesco Chindemi

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C’è anche il nome di un calabrese tra i professionisti che hanno partecipato al restauro del Baldacchino del Bernini nella Basilica di San Pietro in Vaticano, in vista del Giubileo del 2025: si tratta di Giuseppe Mantella, direttore dell’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della diocesi di Locri-Gerace e rinomato restauratore, che ha contribuito a riportare all’antico splendore quest’opera straordinaria.

Baldacchino di San Pietro, il precedente restauro risale al 1758

Nei prossimi giorni saranno rimosse le impalcature che per 9 mesi lo hanno coperto. Il Baldacchino, realizzato da Gian Lorenzo Bernini nel XVII secolo, è uno dei monumenti e simboli più iconici della Basilica di San Pietro: è posto sull’altare maggiore e sulla tomba di san Pietro. Tornerà a mostrarsi in tutto il suo splendore a partire dal prossimo 27 ottobre, durante la Messa conclusiva del Sinodo presieduta da papa Francesco.


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L’ultimo restauro risaliva al 1758: vi lavorò per tre mesi una nutrita squadra di operai e di maestranze specializzate. Le cronache riferiscono di circa sessanta persone al giorno coinvolte. Mantella ha avuto il privilegio, a distanza di tutti questi secoli, di far parte di una speciale e “storica” équipe composta da professionisti di altissimo livello.

Un lavoro "storico" per Giuseppe Mantella

Il restauratore calabrese, da noi raggiunto telefonicamente, ha raccontato ad Avvenire di Calabria l’importanza del lavoro di squadra, ma anche le emozioni personali nel prendere parte a questo progetto di restauro del Baldacchino di Gian Lorenzo Bernini, nella Basilica di San Pietro: «Ancora una volta vince l’idea del lavoro di squadra. Pensare di restaurare due opere così iconiche per l’intera umanità ti riempie di responsabilità e di felicità», la testimonianza di Giuseppe Mantella.

«Un traguardo - ha aggiunto - da affrontare con umiltà, sapendo che fai parte di una squadra di grandi professionisti e di un’organizzazione millenaria come la Fabbrica di San Pietro e il laboratorio scientifico dei Musei Vaticani. Un’esperienza in cui si è dimostrato quotidianamente che ognuno ha un ruolo, e la macchina funziona se tutti gli ingranaggi sono a posto».

«I primi giorni, dopo il montaggio dell’enorme ponteggio, salivamo quasi con timore reverenziale. Vedere dall’alto la Basilica, con decine di migliaia di fedeli che pregavano sulla tomba di San Pietro, era da pelle d’oca. Non si restaura solo la materia, anche se di Bernini, ma ciò che rappresenta: arte e fede sono inscindibili. Da brividi», ancora il racconto del restauratore calabrese. Il contributo di Mantella a questo progetto si inserisce in una carriera prestigiosa.

Un legame speciale con le opere di Gian Lorenzo Bernini

Originario di Isca sullo Ionio (Catanzaro), Giuseppe Mantella ha lavorato su numerosi capolavori del patrimonio culturale italiano e internazionale, molti dei quali legati proprio a Bernini, consolidando così un legame speciale con le sue opere: «Sì, un legame con altre opere di Bernini e personaggi per i quali lui ha lavorato come il Baldacchino, voluto proprio da papa Urbano VIII Barberini», conferma.


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«Abbiamo avuto il piacere, con il collega Sante Guido, di restaurare la grande statua marmorea che Urbano commissionò al cavalier Bernini, e poi la straordinaria Medusa e la strabiliante Cappella Cornaro nella chiesa di Santa Maria della Vittoria a Roma con l’Estasi di santa Teresa. Lavorare su ogni traccia lasciata dai suoi scalpelli e dalle sue raspe è un’esperienza inimmaginabile».

L’ultimo restauro, dunque, aggiunge un altro importante tassello nella carriera di Mantella, confermando inoltre l’eccellenza calabrese nel settore, oltre alla sua personale missione nel campo della conservazione del patrimonio artistico universale.

Eccellenza calabrese al servizio del bello

Abbiamo chiesto a Giuseppe Mantella cosa si prova ad essere quasi un testimonial delle professionalità calabresi fuori dai confini regionali, portando il nome della sua terra a livelli così prestigiosi. Mantella, con umiltà e passione, ha risposto: «Il lavoro del restauratore è una sfida costante, il nostro compito è cercare di assicurare la trasmissione alle future generazioni del nostro patrimonio. Bernini, Caravaggio, Michelangelo, ma non solo. Nella mia terra i grandi capolavori sono pochi, ma ogni opera ha una sua dignità, e la mia idea è che tutte le opere debbano essere trattate alla stregua dei grandi capolavori. Sono spesso opere identitarie e devozionali».

«Una provocazione: vale più l’opera di un grande artista o quella di un artista che ha realizzato, per esempio, una scultura devozionale, dove migliaia di persone da secoli affidano le loro gioie e dolori? Io penso che abbiano la stessa dignità e mi piacerebbe sempre di più continuare in questo percorso di conoscenza e valorizzazione».



Mantella ha poi condiviso con noi il suo impegno per la valorizzazione del patrimonio artistico calabrese: «Ho trovato una casa per questo progetto nella diocesi di Locri-Gerace, dove con Sua Eccellenza Francesco Oliva e tanti giovani professionisti, insieme a istituzioni universitarie, stiamo portando avanti un progetto per far nascere, nella Cittadella vescovile di Gerace, un grande laboratorio scientifico e di restauro. L’anno prossimo, attraverso il progetto Arte e Fede, questo luogo sarà aperto a tutti i professionisti per curare e studiare il nostro patrimonio. Ancora una volta, il gioco di squadra».

«In Calabria, conclude, dobbiamo fare un ulteriore sforzo: i troppi individualismi e il voler essere i primi della classe non portano a nulla. Professionalità, sacrificio, umiltà e il lavorare insieme sono l’arma vincente».

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