Avvenire di Calabria

L’allarme del sostituto procuratore Stefano Musolino in Commissione antimafia

Intimidazione dolce per accaparrarsi la spesa pubblica

Francesco Bolognese

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Tra le voci del bilancio “sociale” della ‘ndrangheta comincia a scalare posizioni - senza peraltro insidiare la testa della classifica, appannaggio sempre e comunque del traffico di sostanze stupefacenti, che lo ricordiamo fu inizialmente finanziato con centinaia di innocenti sequestrati e custoditi negli anfratti dell’Aspromonte, dove peraltro alcuni sono rimasti nonostante le famiglie avessero pagato il riscatto - tra le voci del bilancio dicevamo - c’è il forte interesse per la “spesa pubblica”. Sono già tanti gli episodi censurati dalla magistratura. Nel merito è il sostituto procuratore di Reggio Calabria, Stefano Musolino, a tratteggiare, di fronte alla Commissione antimafia, nel corso della recentissima audizione insieme al collega Lombardo ed al procuratore capo de Raho, interesse e modalità operative delle ‘ndrine di fronte a questa nuova “opportunità”. “Sul piano non solo calabrese o reggino, ma addirittura nazionale vi sono dei flussi di spesa pubblica molto rilevanti, che sono governati da organizzazioni, gruppi, sistemi paralleli a quelli legali e istituzionali. Questo a Reggio Calabria è reso ancora più pernicioso dalla presenza della ‘ndrangheta, che diventa un soggetto che siede e partecipa a questi tavoli di spartizione”. In qualche caso è stata adottata una procedura “ un po' anomala, attraverso i project financing”. In buona sostanza di fronte ad “investimenti che richiedono qualità e competenze particolarmente elevate”, si cerca l’alleato “colosso”. Di fatto “abbiamo quindi un grosso soggetto imprenditoriale che si affianca a un soggetto imprenditoriale locale, che, in quanto tale, conosce il sistema ed ha le giuste relazioni per poter operare e finisce col gestire opere pubbliche”. Siamo nell’ordine di centinaia di milioni di euro. “Per i quali la ‘ndrangheta tenta sempre di entrare”. Come? “Con le modalità che le sono tipiche, che non sono l’esercizio dell’intimidazione aggressiva tipica della mafia siciliana, ma con quella che abbiamo definito nei nostri provvedimenti e ribadito nei provvedimenti dei giudici che ce l’hanno accolta, come una sorta di intimidazione dolce, in cui la ‘ndrangheta viene riconosciuta come parte integrante del sistema di potere dominante col quale scendere a patti per poter portare avanti una serie di situazioni”.

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