Avvenire di Calabria

Il premio speciale “La Melagrana” è stato consegnato al noto filologo e critico letterario Salvatore Silvano Nigro

Premio letterario “Mario La Cava”, Maria Grazia Calandrone vincitrice

La poetessa e scrittrice si afferma con l'opera "Dove non mi hai portata" (Einaudi), già finalista all'edizione 2023 del Premio Strega

di Redazione Web

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È Dove non mi hai portata di Maria Grazia Calandrone (Einaudi) l’opera vincitrice della VII edizione del Premio Letterario Mario La Cava, promosso e organizzato dal Comune di Bovalino, in collaborazione con il Caffè Letterario “Mario La Cava”.


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A decretarne la vittoria tra le opere finaliste è stata la giuria, composta da Mimmo Gangemi, scrittore e giornalista, Raffaele Nigro, scrittore e saggista, Gabriele Pedullà, scrittore e critico letterario, Mirella Serri, saggista e giornalista, Domenico Calabria, Presidente del Caffè Letterario “Mario La Cava”.

Dove non mi hai portata è un romanzo lucido ed emozionante, in cui l’autrice indaga la vicenda dei suoi genitori e la sua stessa storia, muovendo da un tragico caso di cronaca, con una scrittura incisiva e coinvolgente.

Gli altri riconoscimenti

Il Premio dei lettori del Caffè Lettario “Mario La Cava” è andato a Dario Ferrari con La ricreazione è finita (E/O), un’opera con diverse stratificazioni, dal romanzo di formazione a quello autobiografico, per raccontare di generazioni incompiute e gli anni di piombo.

Nella terna finalista con la Calandrone e Ferrari anche Sacha Naspini con La villa del seminario (E/O), la storia vera del campo d’internamento che durante la seconda guerra mondiale nacque nella diocesi di Grosseto.


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Come già annunciato, il Premio “La Melagrana” è andato a Salvatore Silvano Nigro, filologo, critico letterario, docente nelle più importanti università del mondo, autore di saggi (sulla novellistica del Quattrocento, sulla cultura barocca, su Manzoni, Soldati, Bassani, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, Manganelli, Camilleri) tradotti in varie lingue: «Perché con il fascino della sua scrittura e la genialità dei suoi accostamenti è l’eccelso architetto dei nostri monumenti letterari» si legge nella motivazione.

Il premio speciale “La Melagrana” consegnato al noto filologo e critico letterario Salvatore Silvano Nigro

Salvatore Silvano Nigro ha insegnato alla IULM di Milano, alla Sorbonne, all’École Normale Supérieure di Parigi, alla New York University, alla Indiana University, alla Yale, alla Scuola Normale di Pisa. Nel 2002 la Chicago University gli ha conferito una laurea honoris causa.

Scrive sul Domenicale del «Sole 24 Ore». Tra le sue opere, “La tabacchiera di don Lisander. Saggio sui Promessi sposi”.

Premio La Cava, la cerimonia

La cerimonia, svoltasi in Piazza Ruffo, a Bovalino, condotta da Maria Teresa D’Agostino, si è aperta con i saluti del sindaco Vincenzo Maesano. I tre autori in finale hanno dialogato con il presidente del Caffè Letterario Mimmo Calabria e i giornalisti Mariateresa Ripolo e Jacopo Giuca.

Le letture sono state curate dall’attrice Giulia Palmisano, dalla scrittrice Rossella Scherl e dall’animatrice culturale Maria Antonella Gozzi. Il Premio dei lettori è stato annunciato da Enzo Dicembre, che ha coordinato il gruppo.

Luigi Franco, direttore editoriale della Rubbettino, è intervenuto per l’omaggio a Rocco Carbone, autore di recente ripubblicato dalla casa editrice di Soveria Mannelli. In collegamento è intervenuto il giornalista e scrittore Tommaso Labate.

A fine serata, il sindaco Maesano ha aperto la busta con il titolo dell’opera vincitrice e, affiancato dagli assessori Pasquale Blefari e Maddalena Dattilo e dal presidente del consiglio comunale Filippo Musitano, ha consegnato i premi realizzati dal Maestro Rosario La Seta, dall’orafo Aldo Ferraro e dalla ceramista Enrica Nigrelli.

Chi era Mario La Cava

Mario La Cava nato a Bovalino (11 settembre 1908 – ivi 16 novembre 1988) nella Locride, alla sua terra d’origine rimase sempre fedele, svolgendo per un cinquantennio l’attività di intellettuale coerente e leale, stimato dalla gente comune ed apprezzato dagli addetti ai lavori. Possedeva una cultura umanistica, acquisita negli anni di formazione tra Reggio Calabria, Roma e Siena, a contatto con i foyers letterari in voga intorno agli anni Trenta.

Ridotto al silenzio dalla censura del regime fascista, trascurato dai mass-media durante la prima Repubblica, Mario La Cava trascorse la sua vita lontano dal mondo industrializzato delle metropoli per meglio meditare sulle ripercussioni sociali e morali che le scelte politiche ed economiche delle varie classi dirigenti hanno avuto sul destino del nostro Mezzogiorno. Di tanto in tanto intraprendeva un viaggio all’estero con lo spirito entusiasta di un osservatore curioso.

Intellettuale, Mario La Cava

I genitori di Mario La Cava erano Rocco, maestro elementare, e Marianna Procopio. Ecco il profilo biografico di Mario La Cava tratto dall'enciclopedia Treccani:

La madre, donna semplice e poco istruita, era tuttavia dotata di un innato talento narrativo, manifestatosi nella composizione di un Diario e altri scritti, pubblicato nel 1938, grazie all'interessamento del figlio, nella rivista Letteratura, con critiche molto favorevoli; nella stagnante realtà provinciale la famiglia del La Cava. si denotava come un'eccezione e certamente esercitò un influsso positivo sulla sua formazione culturale.

Ultimato il liceo classico a Reggio Calabria, La Cava si trasferì a Roma, dove frequentò per tre anni la facoltà di medicina; insoddisfatto di tale scelta, decise di cambiare indirizzo di studi e si iscrisse a giurisprudenza presso l'Università di Siena, laureandosi nel 1931. Le esperienze vissute negli anni universitari ebbero il merito di allargare i suoi orizzonti socioculturali, ma non riuscirono ad allontanarlo dalla sua terra, alla quale lo legavano fortissimi vincoli che lo spinsero a tornare infine a Bovalino, dove avrebbe trascorso il resto della vita.

Il legame con la propria terra

Tale decisione, apparentemente motivata da fattori esclusivamente affettivi, cela in realtà una consapevole scelta letteraria e si pone a fondamento di una sorta di poetica, come si evince dalle affermazioni dello stesso La Cava: «Vivere accanto alla gente comune, soffrire della sua incomprensione ed ottusità, contrastare con la sua malignità, può essere una grande scuola di vita. Niente è più nocivo allo scrittore che credere reale il mondo sofisticato dei salotti culturali. Solo nei piccoli centri è possibile seguire gli itinerari di vita della gente per ricavarne trame di romanzi» (Delfino, pp. 32 s.).


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Pur vivendo appartato, La Cava non rimase estraneo agli eventi della vita politica italiana: al contrario prese posizione contro il regime fascista, ritenendolo responsabile dell'appannamento di ogni ideale di giustizia e delle speranze di riscatto delle classi sociali più umili. Del resto in tutte le sue opere, benché circoscritte alla realtà calabrese, si respira un'atmosfera resa più cupa dalla presenza tangibile e opprimente del fascismo che fa da sfondo alle vicende dei vari personaggi.

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