Avvenire di Calabria

Secondo Judith Butler, ideologa della teoria, il genere è determinato dalla «performatività»: un’idea priva di ogni fondamento scientifico

Gender, una sessualità vista come «atto teatrale»

Giorgio Arconte

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Perché papa Francesco ha definito il gender come uno «sbaglio della mente umana »? Perché questa teoria, pur partendo dal giusto presupposto di contrastare le discriminazioni fondate sulla differenza di genere, approda a conclusioni ideologiche che addirittura negano bana- lità del reale ed evidenze della natura. Sostenere che il femminile ed il maschile siano solamente delle costruzioni e delle costrizioni culturali; sostenere che i nostri organi genitali ed il nostro sistema ormonale siano solo degli accidenti modificabili con l’uso della tecnologia; sostenere che la vita non nasca dalla più elementare delle differenze, ovvero da una mamma ed un papà, sembra infatti essere un tentativo più bizzarro che efficace per alimentare una cultura del rispetto reciproco. Per capire come si sia arrivati a tali teorizzazioni proviamo a leggere due frasi di quella che forse è la massima esponente dei teorici gender, ovvero la femminista e docente universitaria Judith Butler. In una sua opera, la scrittrice sostiene che «Benché i sessi sembrino essere aproblematicamente binari nella loro morfologia e costituzione (il che è opinabile), non vi è motivo di credere che i generi debbano restare due», e continua, «La presunzione di un sistema binario del genere sottintende la credenza in una relazione mimetica del genere verso il sesso, relazione in cui il genere rispecchia il sesso o ne viene altrimenti limitato ». In queste affermazioni si mostra un’idea dell’identità sessuata non sovrapponibile al genere di appartenenza perché il corpo di ciascuno viene percepito come una prigione al maschile o al femminile piuttosto che un’opportunità per esprimere la propria personalità nonché per riconoscere il prossimo.

La Butler sostiene ancora che «Ogni individuo può e deve costruire/ decostruire, fare/disfare liberamente la propria identità ‘gender’ che coincide con la ‘performatività’ dell’agire e del fare». È molto interessante l’uso del termine «performatività» come se l’identità di ognuno fosse un’azione teatrale da recitare e non un dato identitario costitutivo di ciascuno. È innegabile che nella formazione del maschile e del femminile agiscano numerosi fattori culturali oltre a quelli biologici, ma negare completamente questi ultimi non significa raggiungere una libertà ma contestare una verità anche abbastanza evidente e, per chi credente, ribellarsi quel progetto di Dio che «maschio e femmina li creò». Finché queste parole restano nei libri siamo nella legittima libertà d’espressione, ma quando queste convinzioni cercano di essere imposte con progetti educativi nelle scuole o nei media per plasmare la cultura della società allora, per usare un’espressione di papa Francesco, si può parlare di «colonizzazione ideologica».

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