Avvenire di Calabria

Oggi nel luogo sacro custodito nel cuore della montagna Aspromontana le celebrazioni in onore di Maria

Madonna della Montagna, è il giorno della festa. Oliva: «Polsi è un luogo di speranza. Preserviamolo insieme»

Dal presule l'invito a un impegno condiviso che salvaguardi tradizione, fede e devozione

di Redazione Web

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Ogni anno, come da tradizione, il 2 settembre torna la festa della Madonna della Montagna presso il Santuario di Polsi, nel cuore dell'Aspromonte.

Madonna della Montagna, la festa nel "cuore" dell'Aspromonte

Una ricorrenza religiosa che ha radici profondissime nel sentimento comune del territorio metropolitano di Reggio Calabria e per tantissimi fuori sede. Il momento culminante delle celebrazioni in onore della Madonna della Montagna è la solennità del 2 settembre. Le celebrazioni hanno preso il via già nelle prime ore del mattino con la prima Messa celebrata alle 3.


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Il momento più significativo della festa dedicata alla Madonna della Montagna è stata la Messa solenne delle 10:30 presieduta dal vescovo della diocesi di Locri-Gerace e Abate di Polsi, monsignor Francesco Oliva. Partecipata, poi, la tradizionale processione per le vie del piccolo abitato e del Santuario di Polsi e la benedizione finale. Un momento che vede, ogni anno, la presenza di centinaia di pellegrini provenienti da tutta la Calabria e anche da fuori regione. Un'occasione per la comunità di unirsi nel percorso di devozione e fede che culmina con la benedizione finale.

L'omelia del vescovo Oliva: «Impegno di tutti rendere Polsi luogo di speranza»

Durante l'omelia, monsignor Oliva ha ricordato l'importanza di rimanere fedeli alle tradizioni secolari che caratterizzano questo luogo sacro, esprimendo gratitudine al Signore per questi momenti di festa a Polsi, dove si venera Maria, la Vergine Madre del Divin Pastore: Madonna della Montagna. Ha evidenziato come la festa di quest'anno avvenga mentre si prepara l'inizio del Giubileo, un evento che si celebra ogni venticinque anni. Papa Francesco, ha ricordato il presule, ha indetto questo anno Giubilare proprio nel segno della speranza, «ispirandosi alle parole dell’apostolo Paolo: "La speranza non delude" (Rm 5,5)».


PER APPROFONDIRE: Taurianova, con U ‘Mbitu al via la festa per i 130 anni dei miracoli della Madonna della Montagna


Ricordando il momento in cui Gesù sulla croce ci ha affidato Maria dicendo: «Ecco tua madre!», Oliva ha sottolineato che «avere per madre la Madre di Gesù ci riempie di gioia e di grande speranza». «La speranza - ha aggiunto - è ciò di cui oggi hanno più bisogno il nostro tempo, le nostre famiglie, le nostre chiese diocesane. Oggi più che mai c’è bisogno di speranza: senza speranza non ci può essere festa. Il popolo di Polsi vive nel segno della speranza». Maria, in questo particolare momento, mostra che anche il Santuario di Polsi «ha bisogno di speranza per continuare a essere per tutti un luogo di riconciliazione, di perdono e di pace, come lo è stato per molti nel corso del tempo».

«Solo Dio - ha proseguito Oliva - sa quanti in questo luogo hanno incontrato la misericordia di Dio, il perdono e la riconciliazione. Mi chiedo cosa sarebbe stato l’Aspromonte senza la Madonna di Polsi. In questo luogo hanno trovato rifugio monaci ed eremiti, gente in cerca di Dio, profughi di guerra e senza tetto, gente perseguitata. In tanti qui hanno ritrovato la fede dopo un lungo periodo di lontananza da Dio».

Qui, ha ricordato ancora il vescovo, «la Madonna è la donna di speranza che invita alla conversione quanti nel corso della loro vita hanno fatto scelte sbagliate o hanno preferito il malaffare alla vita onesta e laboriosa. Qui a molti ha fatto ritrovare la gioia di vivere la riconciliazione con i fratelli. Questo santuario è stato fonte di speranza per tanti, che hanno scoperto che una vita diversa è possibile, che il male, l’illegalità e il malaffare possono essere sconfitti, che dal tunnel della violenza si può uscire».

Questa speranza, ha poi aggiunto il presule, «oggi è messa duramente alla prova. È messa duramente alla prova quando l’accesso al santuario è reso difficile, se non impossibile, a causa delle difficoltà del cammino, dei blocchi stradali, della mancanza di servizi di ristoro essenziali. Chi viene in pellegrinaggio a Polsi sa di dirigersi in un luogo di preghiera accogliente, gradevole e riposante. Non pensa di trovarsi in un deserto, dove non è possibile avere neppure una bottiglietta d’acqua, per ristorarsi o un panino assortito per il proprio figlioletto. Senza la tutela dei pellegrini, delle famiglie, dei malati e degli anziani, dei gruppi di pellegrini in cammino, delle carovane, non c’è speranza per questo santuario».

Monsignor Oliva ha poi fatto un appello alle istituzioni affinché supportino i pellegrini che desiderano raggiungere il santuario, offrendo le migliori condizioni di accoglienza: «Aiutiamo i fedeli a venire in questo santuario, offriamo loro le migliori condizioni di accoglienza. Favoriamo l’accesso ai piccoli, agli anziani ed ai malati. Sono loro soprattutto ad averne bisogno. Non è giusto trascurarli e non fare quanto necessario per aiutarli a superare gli ostacoli che si frappongono lungo il cammino. Ogni fedele devoto ha diritto a vivere l’esperienza del pellegrinaggio a Polsi in sicurezza, avendo la possibilità di un ristoro. Come accade per ogni Santuario. Non c’è legge che tenga di fronte ai bisogni primari essenziali. La legge è fatta per l’uomo non l’uomo per la legge. Su questo invito a riflettere seriamente».

Il vescovo non a caso a ricordato come «alla Chiesa spetta offrire il servizio religioso e curare l’organizzazione della vita del santuario. Alle autorità civili spetta predisporre adeguate vie di accesso, tutelare la salute, la pubblica incolumità, la sicurezza e l’ordine pubblico ed assicurare i servizi essenziali. A ciascuno compete una propria responsabilità specifica. Scusate se mi permetto questa sottolineatura, ma in ogni caso occorre sempre venire incontro alle esigenze dei cittadini se non si vuole che il sistema di convivenza civile vada in crisi».

«Polsi appartiene a tutti noi»

Quindi il saluto, la benedizione e il ringraziamento «a tutti i devoti di Polsi. È una comunità gioiosa, allegra, giovanile, proveniente da tutti i paesi aspromontani e della piana di Gioia Tauro e della Locride. Una realtà molto variegata e composita. Per questa sua complessità mi porta a pensare al regno di Dio, che Gesù definisce come una rete gettata nel mare che raccoglie pesci buoni e pesci cattivi, o come il campo di grano dove germoglia il buon grano, ma anche l’erbaccia seminata dal diavolo. Polsi raccoglie tutti, santi e peccatori: non fa differenza di persone, tra poveri e ricchi, tra giovani ed anziani. A tutti vuole dare la possibilità di vivere il perdono e la pace, lasciandosi alle spalle gli errori commessi».

Concludendo, Oliva ha lodato il lavoro del superiore del santuario, don Tonino Saraco, e dei volontari che si dedicano con cura alla gestione di Polsi. Ha invitato tutti a collaborare per preservare questo luogo sacro e a non lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà. «Polsi appartiene a tutti noi, non lasciamoci rubare la speranza di un santuario cercato ed amato non solo per la sua storia, ma soprattutto per la possibilità che dà a gente semplice e umile, alla gente d’Aspromonte, di liberarsi dalle proprie paure grazie alla fede in Maria e di sentirsi popolo», ha concluso.

Santuario di Polsi, tra storia e devozione

Il Santuario di Polsi (a San Luca in provincia di Reggio Calabria), sorge in una valle incassata tra i contrafforti dell’Aspromonte, incorniciato da un paesaggio particolarmente aspro e pittoresco.

Un racconto popolare vuole che nei pressi del Santuario ci fosse l’antro della Sibilla che, sconfitta, dovette cedere il passo alla Vergine. Un’antica tradizione parla della visione avuta da un pastore che si era recato in quei luoghi alla ricerca di un giovenco smarrito: l’ha ritrovato mentre inginocchiato adorava la Croce; un’altra ancora ne fa risalire l’origine al conte Ruggero di Altavilla (sec. XI).

Storicamente certa è la presenza dei Basiliani a Polsi, nel cui cenobio si venerava un’immagine di Maria. Verso la fine del 1400 il monachesimo basiliano si estinse in Calabria e il Santuario di Polsi andò incontro a secoli di decadenza. Risorse con Mons. Del Tufo, Vescovo di Gerace dal 1730 al 1748. Da allora è stato un continuo crescendo, sia per le costruzioni, sia per la presenza dei pellegrinaggi (dette “carovane”).

L’immagine che si venera a Polsi – un'imponente statua in pietra siracusana, che raffigura la Madonna seduta con il Bambino sulle ginocchia – fu recata sul posto, proveniente dalla Sicilia, nel 1560. La prima incoronazione della Madonna di Polsi avvenne nel 1881; se ne ripeté il rito nel 1931 e nel 1981 alla presenza di una moltitudine devota e festante.

Questo cammino spirituale viene percorso ogni anno da migliaia di fedeli, sin dall’epoca della Magna Grecia. Un posto magico, sublime, che assomiglia tanto all’Olimpo; un santuario nel cuore della montagna, prossimo alla vetta dell’Aspromonte, Montalto: duemila metri di altezza. Ovunque la bellezza della natura incontaminata della “montagna bianca”, lecci, castagni, querce secolari. Per Corrado Alvaro, il più grande scrittore calabrese del ‘900, quella di Polsi è: “La grande festa!”, la festa per eccellenza.

Dalla Megale Hellas al culto cristiano

La presenza greca di un culto legato a Demetra è stata attestata dal recente ritrovamento nell’attuale sito dove sorge il santuario di statuette votive, monete, reperti del periodo provenienti da Siracusa, Agrigento, Sibari, a testimonianza che i pellegrini giungevano, già da allora, dalla Sicilia e dalla Calabria.

Qui gli antichi abitanti delle colonie greche venivano una volta l’anno per consultare l’oracolo di Pule; “Pule” nel greco antico significa passaggio, battente di porta, porta. Il Pulakos è il custode della porta. È la porta che ti fa accedere all’Olimpo, al regno degli dei. A Polsi si arrivava non solo per interrogare l’oracolo, ma anche per dirimere le controversie tra le diverse tribù, per spartirsi il territorio, stringere alleanze e prepararsi a nuove guerre.

Il primo nucleo del culto cristiano si forma, al principio dell’XI secolo, attorno a un gruppo di monaci basiliani di rito greco, ma è a partire dal XV secolo, in concomitanza con la diffusione dei miracoli legati al luogo, che lo stesso viene consacrato alla Madonna, denominata da allora Madonna della Montagna.

In cammino sui sentieri dell'Aspromonte con il cuore pieno di Maria

Sin dalla fine di agosto e per tutto il mese di settembre, i pellegrini risalgono le strade dell’Aspromonte, dal Tirreno e dallo Jonio per vivere la notte sacra; la notte insonne che scorre fra il primo e il due di settembre. La veglia, fatta di litanie, preghiere, canti e balli è detta dagli antropologi “incubatio”.

I fedeli fanno a gara per salmodiare novene, richiedere grazie, fare voti, per alzare il proprio figlio fino a fargli sfiorare le vesti di pietra della Madonna o per toccare la statua miracolosa. Molti salgono fino al casello di Cano, incrocio tra i due versanti per poi discendere nella vallata che porta al santuario, a piedi scalzi, gridando a più riprese: «Viva Maria, a Maronna ‘ra muntagna chi di lupi non si spagna!! (Viva Maria, Madonna della montagna che dei lupi non si spaventa)». Un misto di «devozione religiosa e festa dionisiaca», così come descritta dal romanziere calabrese Francesco Perri.

Le offerte dei fedeli sull'altare della piccola chiesa

L’altare della piccola chiesa, nella notte che precede la festa della Madonna della Montagna, accoglie le offerte votive dei fedeli. Il santuario è caratterizzato dalla presenza di numerose case di appoggio per i pellegrini, ogni paese ne possiede una, e alla “balconata” si possono leggere i nomi dei vari comuni di provenienza. Un nucleo importante è composto dai devoti siciliani che occupano la parte del complesso denominata “domus siculorum”, a testimonianza della diffusione del culto mariano in un’area vastissima.


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I fedeli dello Stretto di Messina, che compiono due giorni di viaggio per arrivare fin qui, nel cuore dell’Aspromonte, hanno sempre venerato questa Madonna che sin dal culto greco bizantino era definita la “Gorgo Epikoos”, la Madonna dei naufraghi, quella che interviene in soccorso di chi è in difficoltà in mare.

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