Avvenire di Calabria

Il 5 giugno è la Giornata Mondiale dell’Ambiente, occasione per riflettere sulla salute e la cura della nostra "Casa comune"

Ecologia integrale, le buone prassi per salvaguardare l’ambiente

Dalle pratiche di economia circolare e riuso creativo, la riflessione e la proposta di Avvenire di Calabria

di Maria Rita Sciarrone e autori vari

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Il 5 giugno è la Giornata Mondiale dell’Ambiente. Istituita dalle Nazioni Unite nel corso della Conferenza di Stoccolma nel 1972, con questa giornata si vuole sottolineare l’importanza della protezione ambientale e il suo impatto sul benessere e lo sviluppo economico.

Giornata mondiale dell'ambiente, il tema del 2024: "La nostra terra, il nostro futuro"

Se lo scorso anno l’evento si è celebrato in Costa d’Avorio (all’insegna del motto #BeatPlasticPollution) quest’anno l’ONU ha selezionato il regno dell’Arabia Saudita, tra i principali Paesi produttori di petrolio su scala mondiale.


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Non sarà tuttavia il tema delle risorse rinnovabili e della necessaria transizione energetica al centro del World Environment Day 2024: piuttosto, si è deciso di focalizzarsi sulla restaurazione delle terre, la desertificazione e la resilienza alla siccità seguendo lo slogan "La nostra terra. Il nostro futuro. Noi siamo #GenerazioneRestaurazione".

Non si tratta di una scelta, evidentemente, casuale: siamo infatti ancora pienamente inseriti all’interno del decennio delle Nazioni Unite per il Ripristino degli Ecosistemi, iniziato nel 2021 e in essere fino all’anno 2030.

La riflessione proposta da Avvenire di Calabria per la Giornata mondiale dell'ambiente 2024

Per celebrare questa giornata, Avvenire di Calabria ha dedicato una pagina alle pratiche di economia circolare e riuso creativo. Vi proponiamo la testimonianza di Rossana Melito, presidente di Fare Eco, associazione nata per allungare la vita degli oggetti e ridurre i rifiuti.


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Mimmo Caridi, responsabile della zona Agesci “Terra del Bergamotto”, offre un contributo sull’impegno quotidiano degli scout per l’ambiente. Ludovica Monteleone, referente Plastic Free di Reggio Calabria, descrive il futuro senza soluzioni alternative alla plastica.

Spazio, inoltre, alle buone prassi aziendali per ridurre l’impatto ambientale e promuovere l’economia circolare.

Economia circolare, la strada di Fare Eco

di Mariarita Sciarrone

Promuovere una conoscenza e una coscienza ecologica, un uso consapevole delle risorse naturali, una gestione sostenibile e alternativa dei rifiuti, del loro riciclo e riutilizzo.

Rossana Melito, presidente di Fare Eco

Si può racchiudere in questo concetto la “reason why” di Fare Eco, associazione socio ambientale nata a Reggio Calabria da un’idea di Rossana Melito, per allungare la vita degli oggetti in buono stato e ridurre i rifiuti. In questo spazio ci ha raccontato i progetti dell’associazione e il suo sogno ecologico.

Come nasce Fare Eco?

L’associazione è nata ufficialmente nel 2022 grazie alla volontà di tre professioniste reggine nel campo della comunicazione. Come community è nata tantissimi anni fa, dal desiderio di occuparci, con un linguaggio diverso ma locale, di comunicazione ambientale a Reggio Calabria. In altre parole, per parlare di “mundizza” in maniera propositiva, di prevenzione e riduzione dei rifiuti anche a chi si occupa di altro e conosce solo il verbo “jettari”.

Cosa fate in concreto?

Gestiamo un gruppo social che si chiama “Non si jetta nenti Reggio Calabria” che è diventato uno strumento utile per poter donare ad altri qualcosa che non serve a qualcun altro. Inoltre, realizziamo progetti, laboratori, workshop e attività sulla sostenibilità ambientale. Da marzo 2024 abbiamo aperto la sede di Fare Eco, la Fare Ecoteca Non si jetta nenti, nella quale ogni giovedì pomeriggio ci incontriamo al Caffè delle riparazioni (conosciuti come Repair Cafe a livello internazionale).

Le persone si possono associare e possono portare i loro oggetti da riparare, in modo tale che, supportati da una rete di volontari esperti, proviamo a dargli nuova vita. Si sono creati così dei bei momenti nei quali si sta insieme, si parla, si socializza e si ripara, come si suol dire, l’utile e il dilettevole.

Qual è, secondo la tua esperienza, il settore in cui a Reggio Calabria funziona maggiormente il riuso e quello in cui si riesce a praticare meno l’economia circolare?

Il riuso e il riutilizzo delle risorse funzionano in qualsiasi settore nel quale vi sia buona volontà e una buona programmazione. Nella nostra città siamo più propensi a donare soprattutto indumenti, perché con il fast fashion molte persone sono piene di vestiti di cui vogliono liberarsi. Dalla Fare Ecoteca passano molte persone che vogliono lasciare i loro vestiti, ma la sede è piccola e non riusciamo ad accogliere questa richiesta. Il settore in cui potremmo migliorare è quello alimentare. Aumentare le donazioni delle eccedenze alimentari da parte degli esercizi commerciali sarebbe molto importante, perché alcune già lo fanno ma lo spreco è tanto, soprattutto nei mercati rionali. In altre città d’Italia si adottano da anni queste azioni di recupero delle eccedenze e di donazioni a nuclei familiari svantaggiati. Abbiamo necessità di luoghi reali di scambio e donazioni, tanti “non si jetta nenti” reali, nei quali le persone possono donare e prendere.

Ci racconti i progetti più importanti realizzati?

La rete del riuso “Non si jetta neti Reggio Calabria” è la più importante, perché è nata dal basso, dalla piattaforma social, per cercare di creare in città una rete virtuosa di attività commerciali, realtà sociali, e non solo, che si occupano di riuso, prevenzione agli sprechi, eccedenze alimentari e molto altro in questo campo. Stiamo cercando di portarla avanti perché crediamo nel tessuto sociale ed economico di questa nostra città che ha già dentro di sé esperienze virtuose da promuovere.

Qual è il tuo sogno “ecologico” in una città come Reggio Calabria?

Andare a ridurre i rifiuti e soprattutto gli sprechi non solo alimentari, ma anche quelli che avvengono negli altri settori. Mi riferisco allo spreco di risorse che possono essere, invece, usate per creare nuove economie, perché lo slogan è sempre quello “non si jetta nenti!”.

Il contributo degli Scout: «Lasciare il mondo meglio di come lo abbiamo trovato»

di Mimmo Caridi *

Nell’enciclica “Laudato si” Papa Francesco traccia la missione che Dio ha affidato agli uomini: «Il creato è un dono, è un dono meraviglioso che Dio ci ha fatto, affinché ce ne prendiamo cura e lo usiamo a beneficio di tutti, sempre con grande rispetto e gratitudine…Siamo custodi della Creazione, non padroni della Creazione».

Questa missione è connaturata nell’essere scout ed è sancita dalla legge scout: «La guida e lo scout amano e rispettano la natura» e dal mandato del fondatore del movimento B.P.: «Procurate di lasciare il mondo un po’ migliore di come l’avete trovato». La cura per il Creato, configura, pertanto, nello scoutismo, un chiaro modello di buon cittadino e buon cristiano: «uomini e donne della partenza, gioiosi, che fanno in modo che sia l’Amore a guidare le loro azioni e i loro pensieri» nell’abitare il mondo. L’attenzione attiva per l’ambiente, nel metodo scout, è una sfida educativa, che si attua tramite la formazione di coscienze sensibili alle problematiche ambientali, mediante il sostegno alle nuove generazioni nel processo di interiorizzazione della convinzione che la nostra esistenza passa attraverso una relazione di reciprocità tra noi, il prossimo, la creazione e Dio: «nel prenderci cura del creato, noi constatiamo che Dio, tramite il creato, si prende cura di noi» (Benedetto XVI).

È nella «vita all’aria aperta», pilastro della proposta educativa, che lo scout vive concretamente l’opportunità di scoprire la bellezza del Creato, che suscita: l’abbandonarsi alla Provvidenza, la condivisione delle esperienze e delle emozioni, la creazione di legami e relazioni autentici. Per questo sensibilizziamo i nostri ragazzi ad osservare, dedurre, agire per «… assumere il compito di avere cura del creato con piccole azioni quotidiane, capaci di motivarli fino a dar forma a uno stile di vita» (Papa Francesco). Attraverso azioni e attenzioni rivolte all’ambiente, gli scout acquisiscono abitudini che producono piccoli e grandi progressi ecologicamente positivi, sposando il #GREENTURN, erede del “GOOD TURN”, che rende le loro avventure più affascinanti e più sostenibili.

Nell’indole dello scout risiede forte il desiderio della scoperta; ciò ci porta a vivere ed indagare le peculiarità dell’ambiente, a frequentare il nostro territorio che offre bellissime espressioni del Creato, quali, tra i più importanti, i geositi di Montalto, di Pentadattilo, di Pietra Kappa, delle Caldaie del Latte, della Rocca del Drago e del Santuario di Monte Stella; le grotte di Sant’Arsenio, della Lamia e di Tremusa; le cascate del Maesano delle Forgiarelle, della Catarratta, di Mundu e Galasia; i sentieri di San Gaetano Catanoso, del Brigante, del Tracciolino, della Scialata. In particolar modo, noi amiamo abitare il nostro caro Aspromonte, scrigno di un ecosistema ricco di naturalità e di un’elevata biodiversità, percorrendo i suoi sentieri e campeggiando nei suoi boschi.


PER APPROFONDIRE: Casa comune, ecco quanto tempo rimane per salvarla


Vivere con pienezza il Creato appaga la necessità di evasione, soprattutto dei ragazzi, spesso presi (o persi?) in un’esistenza prevalentemente virtuale, sperimentando avventure in una dimensione che stimola la contemplazione, la pace interiore e il benessere, affinando così le proprie peculiarità intellettuali e spirituali. Immersi nella bellezza della natura è più facile avvertire la presenza di Dio. L’Agesci collabora con altre agenzie vocate alla protezione ambientale, quali Legambiente e Plasticfree. Ha un accordo quadro con Wwf Italia per la realizzazione di «eventi ed attività educative in contesti naturalistici di rilievo per il benessere psicofisico».

Aderisce all’ASviS condividendone attivamente la missione per l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e dei suoi “17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”.

* responsabile della zona Agesci “Terra del bergamotto”

Dodici milioni di tonnellate di vergogna

di Ludovica Monteleone *

Dodici milioni di tonnellate: è la quantità di plastica che ogni anno finisce negli oceani di tutto il mondo. È come se un camion pieno di rifiuti sversasse il suo intero contenuto in mare ogni minuto. Solo nel Mar Mediterraneo, la quantità di plastica che arriva in acqua ogni sessanta secondi è equivalente a 33.700 bottigliette.

La plastica è tra i materiali prodotti dall’uomo più diffusi sulla Terra, terza solo all’acciaio e al cemento. Inventata a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, come soluzione innovativa e rivoluzionaria per sostituire materiali più costosi e ricercati, è arrivata, con diverse modificazioni, fino ai giorni nostri ed è stata impiegata nei settori più disparati: dall’alimentare al sanitario, dall’elettrico al tessile, trasformandosi, però, da risorsa a minaccia per l’uomo e per il Pianeta che abita.

Delle circa 400 milioni di tonnellate di plastica prodotte annualmente nel mondo, soltanto il 9% è di fatto riciclabile, tutto il resto viene smaltito in discarica, incenerito e rilasciato nell’ambiente in modo più o meno controllato. Trasportati da correnti marine e venti di superficie, questi rifiuti si concentrano in modo maggiore in cinque zone distribuite nei grandi oceani, formando delle vere e proprie “isole di plastica”. La più grande di queste è la Great Pacific Patch, nell’Oceano Pacifico Settentrionale, la cui estensione supera tre volte quella della Francia.

Continuando a questo ritmo, ci avvisano le ultime stime delle Nazioni Unite, entro il 2050 il peso della plastica negli oceani sarà superiore al peso delle creature marine. Una previsione allarmante se ci si ferma a riflettere su quanto questo possa essere impattante non solo a livello ambientale ma anche sanitario, con ripercussioni sulla nostra salute: le microplastiche entrano nella catena alimentare degli animali e di conseguenza nella nostra, dal momento in cui noi ci nutriamo di loro.

In un’epoca che ci ha abituati a vivere ad alta velocità e a ottimizzare i tempi per non smettere mai di essere produttivi, i prodotti di plastica usa e getta e il monouso hanno preso il sopravvento imponendosi come soluzione perfetta per non sprecare tempo anche quando di tempo ne abbiamo in abbondanza, salvo poi non essere smaltiti correttamente e finire dispersi nell’ambiente. Pur di rispondere alla richiesta di efficienza avanzata dal sistema abbiamo messo a rischio la nostra sopravvivenza non considerando soluzioni alternative e più sostenibili, ma non è troppo tardi per decidere di invertire la rotta.

* referente Plastic Free Provincia Reggio Calabria

Fatti che lasciano il segno, le buone prassi che aiutano l'ambiente

Dall’abbigliamento agli accessori, dal settore alimentare a quello dell’arredamento, sono molte le buone pratiche applicate anche in Calabria per ridurre l’impatto ambientale e promuovere l’economia circolare. Simona Scollica, giovane designer tessile di Reggio Calabria, ha fatto del riuso creativo la sua mission.

Con il suo brand Simona Scollica The Sign, realizza accessori da indossare utilizzando materiali di scarto e tecniche di recupero, progetta tessili d’arredo che possano essere reinventati e riutilizzati. La sua logica è quella dell’evoluzione: ridare nuova vita a oggetti e accessori di cui ci siamo stancati, per innamorarcene ancora una volta.


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L’amore è al centro anche della realtà aziendale creata da Manuela D’Abramo, che ha aperto a Reggio Calabria Used Second Life, il primo negozio interamente “vintage” di abbigliamento e accessori per donna. L’obiettivo è promuovere un’economia circolare proponendo capi d’abbigliamento preloved. Un tempo si parlava semplicemente di abiti usati o di seconda mano; oggi si tratta di una forma di economia circolare che fa bene all’ambiente, a chi vende e a chi acquista. Con lo stesso principio nasce Corredino Sospeso, una rete composta da oltre 500 mamme (di cui 16 fondatrici) che si prendono cura di altre mamme e dei loro bambini, donando loro tutto ciò che serve: corredini (vestiti, copertine, lenzuola, asciugamani, ecc.), oggetti di puericultura (trio, fasciatoio, box, girello, culla, ecc.). Il progetto, nato come una rete solidale, ha abbracciato anche attività di riutilizzo.

Dalle piccole alle grandi realtà calabresi, molte si distinguono per pratiche virtuose. Nel settore alimentare, tra gli esempi virtuosi c’è il caseificio Fattoria della Piana, che possiede un impianto di produzione biogas all’interno dell’azienda. Questo impianto consente di produrre energia in modo totalmente ecosostenibile, trasformando scarti, letami e liquami dalle stalle in un gas biologico che diventa “motore” per l’alimentazione di tutti i processi produttivi.

Infine, la rinomata azienda Tonno Callipo si distingue per l’utilizzo di materiali riciclati per gli imballaggi, privilegiando vetro e alluminio.

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