Avvenire di Calabria

Pubblichiamo la testimonianza vocazionale del giovane sacerdote, ordinato presbitero sabato primo ottobre nella Cattedrale di Reggio Calabria

Don Vincenzo Attisano: «Son un pellegrino sulla via dell’amore»

Le sue parole: «Il cammino più bello non è in estensione quanto in profondità. Non bisogna mai smettere di sognare»

di Vincenzo Attisano

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Pubblichiamo di seguito la testimonianza vocazionale di don Vincenzo Attisano, ordinato presbitero sabato 1 ottobre nella Cattedrale di Reggio Calabria. «Ciò che descrive la mia storia vocazionale e queste prime ore da prete è l’immagine di un pellegrino in cammino», le sue parole. Nei prossimi giorni vi riproporremo le testimonianze anche degli altri due nuovi presbiteri ordinati all’inizio del mese: don Tambellini e don Zappalà.

La testimonianza di don Vincenzo Attisano

Poche ore dopo l’ordinazione presbiterale e dopo aver presieduto per la prima volta l’Eucaristia, i miei occhi sono ancora pieni di tante emozioni, il mio cuore colmo di gratitudine prima di tutto al Signore che ha realizzato in me tutto questo, ai formatori che in questi anni mi hanno accolto e guidato.


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A tutti i compagni di seminario, amici e confratelli che in questi anni hanno camminato insieme a me. A tutte le persone che in questi anni mi hanno sempre sostenuto, amici e parrocchiani. Alla mia famiglia, mia forza e sostegno in ogni mio passo. Al nostro arcivescovo monsignor Fortunato Morrone per la fiducia, l’accompagnamento e la testimonianza di una vita donata con gioia che oggi mi rende ancora più felice di essere prete.

Ciò che descrive la mia storia vocazionale e queste prime ore da prete è l’immagine di un pellegrino in cammino. Il cammino è l’arte di chi desidera cercare sempre qualcosa, di chi desidera incontrare per scrivere le pagine della propria storia, di chi desidera soprattutto cercare Dio.

L'inizio di un nuovo cammino "bello" e "arduo"

Il cammino più bello e più arduo non è tanto in estensione quanto in profondità: è quell’esigenza della vita interiore che lungo questo cammino di ricerca ti pone delle domande che spesso pesano come dei macigni e tante volte rimango tali per molto tempo. L’interrogativo fondamentale che poni a te stesso è “chi sono?”. Un altro che ti viene posto è “sei felice?”. Con queste due domande è iniziato il mio cammino.

Lungo la strada, però, ho capito che il cammino più lungo e arduo non ti obbliga a percorrere fisicamente neppure un chilometro, perché è dentro di te. Ti chiede solo il coraggio, e non è poco, di lasciarti interrogare, di assumerne gli eventi della vita come domande che ti sono rivolte. Ho camminato in questi anni come un pellegrino con uno zaino sulle spalle come fosse la bisaccia dei mendicanti: una bisaccia da riempire, non da svuotare.

Oggi questa bisaccia è piena di tutto ciò che mi è stato utile per divenire l’uomo che sono: tante gioie, soddisfazioni, tanta gratitudine. Ma dentro questo zaino ci sono anche i fallimenti, le cadute, gli imprevisti della strada e forse anche tanta silenziosa sofferenza.

Pellegrino sulla via dell'amore

Qualcosa durante il cammino ho dovuto anche lasciarla per strada, con grande dolore, perché forse era troppo pesante per le mie forze e mi impediva di camminare. E fa molto male quando non è qualcosa, ma qualcuno. Ho sperimentato così la fatica di non essere in grado di portarne il peso. Ma tutto ciò che ho lasciato non l’ho buttato via ai bordi della strada, non avrei mai potuto, perché avrei buttato via un pezzo della mia storia. L’ho lasciato in un angolo sicuro, lì dove Dio potrà prendersene cura.

Nel cammino ho capito che davanti alla propria notte ognuno è solo: solo di fronte alla propria solitudine, con il proprio passato e il futuro incerto. In quella solitudine benedetta ti ritrovi solo con il Signore che ti cammina accanto quando il passo è veloce, quando rallenti e quando hai bisogno di fermarti è l’unico Amico che si ferma con te.


PER APPROFONDIRE: Morrone ai nuovi sacerdoti: «Siate testimoni autentici della fede»


Il cammino dell’Amore ha bisogno di strade su cui camminare, di spazi in cui collocarsi. Ho capito che il vero cammino dell’Amore non è una strada spianata e senza ostacoli. Nel cammino non bisogna mai dimenticare di sognare, di sperare, di mettersi in gioco, di rischiare e soprattutto di mettersi a servizio senza aspettarsi nulla in cambio perché «siamo servi inutili». Il cammino va percorso fino in fondo, non fino alla fine. Adesso infatti, con l’ordinazione presbiterale, non celebriamo la fine di un cammino ma una nuova via da percorrere, perché ogni cammino è fatto di nuovi inizi. Siamo pellegrini sulla via dell’Amore!

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