Avvenire di Calabria

Il grande slancio di accoglienza in una realtà molto attiva sul territorio reggino, animata da volontari dallo spirito missionario

Casa Santissima Annunziata, «dentro un porto sicuro»

Tatiana Muraca

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Occhi pieni di determinazione, speranza, in cui alberga anche un po’ di malinconia. Il viaggio dentro un mondo fatto di rinunce, sacrifici, di profondi slanci missionari. La Casa Santissima Annunziata è una realtà presente e attiva a Reggio Calabria, che da anni si occupa dei minori stranieri non accompagnati: bambini e ragazzi che dopo tanti ostacoli sbarcano in quel Paese che rappresenta per loro la salvezza. Giovanni Fortugno ci offre uno spaccato di ciò che la Casa porta avanti dal 2015 nel suo progetto di accoglienza, sostenuta e animata dalla diocesi, dalla Caritas diocesana e dalla Comunità papa Giovanni XXIII. Emergenze nelle emergenze, ma dietro a tale parola, ormai sulla bocca di tutti, si nascondono le persone, ciascuna con le loro storie. Proprio per questo, è da Fortugno che giunge un appello affinché lo sforzo dei volontari aumenti di intensità, soprattutto in tempo di pandemia.

Siamo nel periodo dell’Avvento, in cui si annuncia l’arrivo di Cristo sulla Terra, colui che «nasce profugo e vive come profugo nei primi anni della sua vita», parole di Giovanni Fortugno. Dall’esempio del Messia, dunque, i volontari diocesani aiutano ragazzi provenienti da ogni parte del mondo; quel mondo in continuo movimento: si, perché gli sbarchi non sono mai cessati e non li ferma nemmeno il Coronavirus. Ed allora ecco che lo spirito missionario si fa più forte e si alimenta di uomini e donne che in riva allo Stretto fanno tanto ogni giorno per minori senza una casa e senza una famiglia vicina. Renza è una di loro. Arriva dalla provincia di Treviso ed opera a Casa Annunziata da quasi 2 mesi. Appartiene alla comunità papa Giovanni XXIII da tanti anni ormai, e dopo esperienze coltivate ai margini dell’umanità, in Africa e in Sud America, condivide qui a Reggio la sua vita insieme ad un mondo più piccolo, ma tanto «fragile». Maria Teresa, invece, è partita da Pordenone ed è arrivata a Casa Annunziata nel 2016 quasi per caso. Una volontaria che ha lavorato molto nell’ambito dell’immigrazione in diversi contesti geografici. Girare il mondo, però, non l’ha distolta da un pensiero fisso: quello di tornare a Reggio Calabria. «Non è semplicemente un lavoro – dice Maria Teresa - ma una scelta di portare la croce insieme a quelli che considero ormai miei fratelli».

Di fronte agli occhi tante scene orribili, tanta povertà e miseria umana: ce lo racconta Valeria, milanese e a Reggio da circa un mese. Dopo aver conosciuto la realtà delle ragazze vittime di tratta in Romania e in seguito alla sua ferma volontà, una volta terminata la formazione per il servizio civile, di partire alla volta della Palestina, il Covid ha bloccato la sua opera missionaria orientata verso il Libano. L’ha portata qui, però, dove sostenuta dal gruppo della Comunità papa Giovanni XXIII, sta vivendo ciò che definisce il «post»: quando cioè i ragazzi arrivano e si trovano di fronte ad una situazione non immaginata e alla mancanza di casa. Un giovanissimo arrivato in Italia nel 2018 grazie al progetto Corridoi Umanitari sa bene di cosa Valeria sta parlando. Dopo avere conosciuto la sofferenza, adesso lavora ad un progetto gestito dalla Caritas italiana e dalla diocesi di Reggio Calabria. «Questo Avvento ci mette nelle condizioni di potere essere un posto sicuro per i poveri, noi lo siamo per i minori non accompagnati». Il nostro viaggio si conclude con le parole di Giovanni Fortugno, nella speranza che qualsiasi cristiano, chiamato tale per vocazione o per il battesimo, porga una mano a chi è più bisognoso di cure e attenzioni e conosca fino in fondo quella che è l’accoglienza «l’uno dell’altro».

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