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Bolivia: vescovi, le sfide di essere “artigiani di pace, capaci di camminare insieme, custodire il creato” di fronte all’impatto del cambiamento climatico

di Redazione Web

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La situazione internazionale e nazionale di violenza e scontro, la possibilità di dialogo tra posizioni diverse, la mancanza di volontà di costruire risposte ai bisogni primari, il cambiamento climatico, gli incendi nelle terre ancestrali, sono stati alcuni dei temi affrontati nel messaggio al popolo di Dio rivolto dalla Conferenza episcopale boliviana, a conclusione della propria assemblea plenaria, che si è tenuta fino a ieri a Cochabamba. Il messaggio dei vescovi è stato letto da mons. Giovani Arana, segretario generale della Ceb e vescovo di El Alto, in compagnia del presidente, mons. Aurelio Pesoa Ribera, vescovo del vicariato apostolico del Beni, e di mons. Ricardo Centellas, vicepresidente della Ceb e arcivescovo di Sucre.

Il documento è diviso in quattro parti: “Artigiani della pace”, “Camminare insieme nella comunione”, “Partecipazione e missione”, “Cambiamento climatico: un dramma che chiama in causa tutti”. “Facciamo brillare la speranza” è l’invito finale.

“Quando i signori della guerra decidono della vita degli altri, prendono il posto di Dio e distruggono la vita di altri esseri. Sono sordi al grido di pace e al dialogo che l’umanità ha soffocato nei petti della maggioranza degli esseri umani. Che non si metta a tacere questo grido”, è l’appello dei vescovi boliviani.

In riferimento al Cammino sinodale della Chiesa, esso ci mostra che è possibile “dialogare tra posizioni diverse, purché si rinunci agli interessi personali e settoriali per pensare eticamente al bene comune, guardando agli altri come fratelli e sorelle e non come concorrenti”.
Una parte consistente del messaggio è dedicata ai cambiamenti climatici e agli incendi boschivi, che vengono utilizzati per sottrarre terre ancestrali alle popolazioni native e antiche, “che fino ad oggi sono state custodi della foresta, per lasciare il posto all’occupazione promossa e favorita da alcune istituzioni burocratiche dello Stato”. In Bolivia, poi, si subisce l’impatto del cambiamento climatico, con temperature elevate e siccità, conseguenza di azioni irresponsabili ed egoistiche, “che si sono perpetuate nel tempo”; l’inquinamento dei fiumi da parte delle miniere ha influito sulla salute della popolazione “ed è diventato uno strumento di malattia e di contaminazione fisica e morale”, una realtà che chiama ciascuno degli abitanti del Paese a difendere la natura per proteggere la vita di tutti, come ha spiegato mons. Arana.

Fonte: Agensir

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