Avvenire di Calabria

Presso il Dipartimento di Agraria un team di ricercatori si dedica allo studio degli effetti climatici avversi e ha identificato materiale genetico capace di resistere a condizioni di siccità estrema

Genetica in campo contro la siccità: a Reggio Calabria si studiano le soluzioni

Intervista al professor Francesco Sunseri, ordinario di Genetica all'Università Mediterranea: parla dell'attività condotta dal suo gruppo di ricerca presso l'ateneo reggino

di Francesco Chindemi

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Presso il Dipartimento di Agraria dell'Università Mediterranea di Reggio Calabria, un team di ricercatori si dedica allo studio degli effetti climatici avversi e ha identificato materiale genetico capace di resistere a condizioni di siccità estrema e altri fattori ambientali, offrendo nuove speranze per l’agricoltura sostenibile.


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La genetica potrebbe offrire soluzioni per combattere gli effetti della siccità e della desertificazione. Abbiamo parlato con il professor Francesco Sunseri, ordinario di Genetica presso il Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria e a capo di importanti ricerche condotte in questo campo.

Professore, può spiegare il ruolo della genetica nel combattere la siccità e lo stress climatico?

Il ruolo della genetica e del miglioramento genetico delle piante per combattere gli stress legati al clima, tra cui principalmente la siccità, è uno degli obiettivi più importanti degli ultimi anni. Abbiamo introdotto il concetto di genotipi o varietà resilienti.

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La genetica ha individuato collezioni di genotipi antichi, non perché i ricercatori siano contrari alle innovazioni, ma perché questi genotipi antichi offrono risorse genetiche utili per rendere le piante tolleranti agli stress climatici, soprattutto la siccità. Questo approccio è stato applicato con successo su molte piante, dai cereali alle specie da orto come pomodoro e melanzana.

Ci può parlare dell’attività di ricerca svolta dall’Università Mediterranea?

Il gruppo di ricerca che dirigo presso l’Università Mediterranea, specializzato in genetica e miglioramento genetico, si è molto occupato di stress abiotici, come stress climatici da sale, alte e basse temperature e siccità. Abbiamo individuato materiali genetici, soprattutto nei frumenti e vecchie cultivar di pomodoro, trovando fonti utili di geni per tollerare meglio lo stress idrico.


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Inoltre, abbiamo identificato genotipi di frumento e pomodoro che utilizzano meglio l’azoto e i nutrienti in generale, riducendo l’impatto ambientale. Questo è un aspetto importante per ridurre l’impatto dell’agricoltura sull’ambiente.

Quali sono le implicazioni pratiche di questi risultati non solo per l’agricoltura?

Una volta individuate le fonti importanti di geni e le cultivar che portano questi geni di resilienza, le strategie possono essere due: ritornare a coltivare alcuni genotipi antichi, qualora siano anche particolarmente produttivi, oppure fare degli incroci secondo gli schemi classici che ci ha insegnato il buon Gregorio Mendel. Questo metodo consiste nell’incrociare i genotipi che abbiamo selezionato come particolarmente resilienti con genotipi che presentano migliori performance produttive.

Quali potrebbero essere i prossimi passi nella ricerca per affrontare siccità e desertificazione?

I passi successivi della ricerca per affrontare siccità e desertificazione sono molteplici. Io mi concentro sugli aspetti genetici, puntando sui genotipi resilienti e migliorati per le performance produttive. Con l’aumento degli stress climatici, sarà necessario affiancare le coltivazioni tradizionali con alcune tropicali.


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Oggi coltivazioni mediterranee nella Pianura Padana sono possibili, mentre in Sicilia e nel sud Italia coltivazioni come mango e banano stanno diventando realtà. Per contrastare la desertificazione, è fondamentale usare macchine agricole meno impattanti per ridurre l’erosione del suolo. Tuttavia, contro l’espansione del deserto, possiamo fare poco se non attrezzarci per coltivare in condizioni sempre più aride e siccitose.

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