Avvenire di Calabria

Nello scenario del conflitto israelo palestinese, c’è chi continua ad alimentare la speranza per un futuro di speranza

Missionari di pace in Terra Santa

Un piccolo grande contributo arriva anche dalla Calabria e da Reggio Calabria: vi proponiamo alcune testimonianze

di Autori Vari

Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram
Share on facebook
Share on twitter
Share on whatsapp
Share on telegram

Nello scenario del conflitto israelo palestinese, c’è chi continua ad alimentare la speranza per un futuro di pace, concordia e fraternità in Terra Santa. Un piccolo grande contributo arriva anche dalla terra di Calabria.

Abbiamo raccolto alcune testimonianze. Tra queste quelle dell’Azione cattolica diocesana di Reggio Calabria - Bova che, attraverso il progetto nazionale “Al vedere la Stella” rinnova con propri volontari - la sua esperienza si servizio a Betlemme, per bambini con gravi disabilità.


Adesso siamo anche suWhatsAppnon perdere i nostri aggiornamenti: VAI AL CANALE


Ad arricchire le testimonianze, infine, la scelta dell’istituto di mediazione Ismed di concentrare le proprie ricerche nel campo delle risoluzione dei conflitti attraverso una esperienza concreta in Palestina.

Abbracci di speranza, in Terra Santa con l’Azione Cattolica

di Francesca Chirico *

Durante l’ultimo incontro nazionale “A braccia aperte” l’Azione cattolica ha allargato le braccia fino ad arrivare in Terra Santa attraverso il collegamento del Patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, che ha riportato all’attenzione dei 180 mila soci presenti in Piazza San Pietro il conflitto che sta lacerando la vita di due popoli, ma anche quella vita della società in tante altre parti del mondo; perché la Terra Santa è il cuore della vita del mondo e quando il cuore soffre tutto il corpo soffre.

Al termine del suo intervento il Patriarca ha chiesto di non avere paura, ma di avere il coraggio di venire qui. E l’auspicio è proprio quello di riprendere il servizio che l’Ac nel silenzio ha portato avanti in questi anni con “Al vedere la Stella”, il progetto promosso dall’ex presidenza nazionale per festeggiare i 150 anni dell’Associazione.


PER APPROFONDIRE: Terra Santa, don Valerio Chiovaro: «Io fidei donum a Gerusalemme vi racconto la mia missione»


Durante la XVI Assemblea nazionale il Presidente Matteo Truffelli nella sua relazione ha detto: «Proprio per questo la Presidenza nazionale ha scelto come segno del centocinquantesimo di dare vita a un progetto che nasce dalla nostra storia ma che non celebra la nostra storia, anzi, si immerge nel presente per seminare futuro.

Un ponte di speranza…

Un progetto che nasce dal legame che da molto tempo custodiamo con la Terra Santa, là dove il futuro è nato, dove il tempo e la storia hanno assunto pienezza di significato, e che vuole essere un modo per prenderci cura del presente facendoci carico nella concretezza della drammatica realtà che segna quella terra ai giorni nostri. Si tratta del progetto di servizio “Al vedere la stella…”, che vi verrà presentato in questi giorni.

Una proposta che ogni mese porterà a Betlemme un piccolo gruppo di persone per toccare e servire la carne di coloro che ci mostrano, oggi, il volto di chi continua a nascere nella mangiatoia perché non trova posto altrove: i più deboli tra i deboli, i piccoli che vengono ospitati in un centro che accoglie bambini e ragazzi con disabilità gravi, molto spesso rifiutati o abbandonati per necessità dalle loro famiglie, le quali a loro volta vivono in condizioni difficilissime, dimenticate dal mondo, chiuse al di là di un muro. Andremo là per conoscere, capire, condividere, servire e pregare.

In Terra Santa, la missione d’amore dell’Azione Cattolica di Reggio Calabria

Andremo là per generare un processo da affidare al tempo». In concreto, gruppi di 4 soci per 10 giorni vivono e svolgono il loro servizio presso l’Hogar Niño Dios, la casa dei Gesù Bambini, una casa che accoglie ragazzi affetti da gravi disabilità di cui le famiglie non possono farsi carico.

In questo angolo di mondo, a pochi passi dalla mangiatoia, carezze, lacrime, sorrisi dei soci di Ac - anche della nostra diocesi – scrivono una pagina di accoglienza in questa casa, fatta di cuori e di occhi in cui l’Ac vuole presto tornare per lasciare ancora il cuore, le lacrime, le carezze e recuperare quel senso di umanità attraverso la semplicità dei gesti che da sola - proprio come ha ribadito il cardinale Pizzaballa – può superare ogni lacerazione; perché solo la relazione, la conoscenza, la vicinanza possono abbattere qualsiasi barriera, anche quella dell’odio.

* presidente Azione cattolica diocesi Reggio Calabria – Bova

Diritti al centro: trasformare il conflitto in amore e pace

Nel conflitto irrisolto fra israeliani e palestinesi, il rapporto fra giustizia di transizione, diritti umani e pace e il bilanciamento tra responsabilità individuali dei crimini commessi ed esigenza di riconciliazione dei due popoli va ricercato con strumenti che trasformino il conflitto in un’occasione generativa.

Di risoluzione del conflitto si occupa l’organismo di mediazione civile Ismed, che, accanto alla propria attività di gestione dei conflitti civili e commerciali che interessano la quotidianità di cittadini e imprese, ha aperto ormai da diversi anni uno spazio di studio e ricerca sulla risoluzione dei conflitti anche all’interno dell’Università Mediterranea con un Laboratorio, l’ADRMedLab, coordinato dalla responsabile Ismed Francesca Chirico e dalla professoressa Angela Busacca.

Nell’ultimo anno l’attenzione dell’attività scientifica si è concentrata proprio sul conflitto israelopalestinese attraverso la promozione di dibattiti, interviste e il racconto delle tante realtà che, sotto quel muro di separazione eretto per alimentare la diffidenza fra due popoli, ogni giorno attivano processi di pace e dialogo.

A sostegno di diverse realtà

Sono la Tenda delle Nazioni di Daoud Nassar, una fattoria di circa 42 ettari a sud-ovest di Betlemme che appartiene alla sua famiglia da generazioni, che al motto di “Come and see; go and tell” resiste pacificamente dal 1991, quando la sua proprietà è stata dichiarata “state land” (terra appartenente allo stato d’Israele), attraverso una battaglia legale che dura da 25 anni ed è costata, sino ad oggi, alla sua famiglia quasi 200 mila euro. Daoud ha fatto di questa realtà un centro culturale aperto a centinaia di giovani provenienti ogni anno da tutte le parti del mondo.

Poi, la Scuola della Pace presso il villaggio di Neve Shalom Wahat al-Salam, una realtà nata nel 1972 dal coraggio e dalla passione di padre Bruno Hussar, in cui vivono circa 100 famiglie ebree e palestinesi di cittadinanza israeliana. In questa scuola studiano sin da piccoli i bambini e i ragazzi, imparando a conoscere e apprezzare le culture gli uni degli altri e approfondendo le tecniche negoziali con negoziatori di tutto il mondo.

Una raccolta fondi per il Caritas Baby Hospital di Betlemme: luogo di cura contro ogni “diversità”

In particolare, l’Organismo ha organizzato una raccolta fondi in una serata di approfondimento sul conflitto, per il Caritas Baby Hospital di Betlemme, che sostiene da anni. Questo ospedale pediatrico di eccellenza, che sorge proprio accanto al check-point di Betlemme, garantisce non solo le cure ai piccoli degenti di ogni etnia, cultura e condizione sociale, ma si occupa di diffondere la cultura dell’integrazione e del dialogo anche fra i genitori.

L’esperienza di questi 14 anni ci ha insegnato che ad ogni latitudine e in ogni circostanza ci sono uomini e donne disposti a giocarsi tutto per costruire la pace e trasformare il conflitto in un’occasione generativa.

Come diceva Jacqueline Morineau, madre della mediazione umanistica, «La pace può nascere dalla sofferenza, dalla divisione, dalla guerra, se noi abbiamo il coraggio di incontrarle» e lo dimostra citando l’esempio della Comunità Europea, nata dalle macerie dei due conflitti mondiali. C’è sempre una speranza di pace perché è anelito di ogni uomo.

Le testimonianze

In uno dei suoi lavori, Jacqueline Morineau racconta la storia di Sobhya, una donna palestinese che innaffia fiori nel suo giardino. Ogni fiore è stato piantato dentro una delle bombe sganciate su Gaza. Due di queste bombe hanno ucciso suo figlio nel 2009 e sua figlia nel 2011, altre hanno ucciso i suoi vicini. Ne ha raccolte tante quante le tombe scavate in quella terra che nel suo DNA ha i geni del Principe della Pace.


Non perdere i nostri aggiornamenti, segui il nostro canale Telegram: VAI AL CANALE


Quello seminato da Sobhya non è un campo di battaglia, ma uno spazio in cui coltiva la speranza: ogni fiore, piantato dentro la sua culla di morte, farà riesplodere la vita. Questa donna ha scelto di coltivare l’amore davanti alla violenza e all’odio, di coltivare la speranza contro ogni disperazione.

Articoli Correlati