Avvenire di Calabria

Lanza e la sua Lettera guida su “I problemi del mezzogiorno”

Fu un vescovo attento ai problemi sociali che attanagliavano la penisola in quel tempo

di Pasquale Triulcio

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Un documento che dalla Calabria venne esteso a tutto il Sud per i suoi contenuti

L’archivio storico diocesano di Reggio Calabria custodisce le prime edizioni stampate della Lettera collettiva dell’episcopato meridionale “I problemi del mezzogiorno” (1948), a cui è fortemente legato il nome del “maestro” (così il Cardinal Siri) l’arcivescovo Antonio Lanza.


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La lettera, pubblicata ad un anno della fondazione de “L’Avvenire di Calabria”, rappresenta uno dei tanti frutti dei fulminei sette anni di episcopato del pastore originario di Castiglione Cosentino. Secondo Maria Mariotti la lettera «è importante soprattutto perché raccoglie e manifesta in sintesi tutta una vita di studio, di preghiera, di servizio che dalle più alte speculazioni intellettuali trae luce per l’interpretazione della realtà, così come hic et nunc si svolge nella storia; che dalle più profonde interiorizzazioni spirituali trae impulso ad un impegno per il riscatto e la trasformazione della vita dell’uomo e della società, nella concretezza del tempo e dello spazio» (cfr. M. Mariotti, Mons. Antonio Lanza, in “Oasi calabresi”, Roma: ed. AVE, 1991, p. 149).

La biografia

Antonio Lanza (1905-1950), secondo di sette figli di Giuseppe e Amalia Morando, si trasferisce presto a Cosenza, dove il padre dirigerà l’ufficio postale. La sua formazione filosofica e teologica di base si svolge tra quella città, dove compie gli studi ginnasiali, e Catanzaro frequentando quelli di filosofia. Si trasferisce dunque a Roma, dove è alunno del Collegio Capranica e continua con profitto gli studi di Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana, tanto che nel 1926 si afferma davanti al papa Pio XI in una disputa accademica tra studenti, evento immortalato sul monumento funerario del presule in Cattedrale, nel bassorilievo sul frontespizio del sarcofago stesso, opera di Alessandro Monteleone.

Attraverso l’epigrafe dettata da don Luigi Chiappetta, ed ivi incisa è possibile evincere i tratti salienti del suo sacerdozio ed episcopato: «Qui riposa in pace mons. Antonio Lanza, Arcivescovo dei Reggini, Vescovo di Bova, Amministratore apostolico di Nicastro, Metropolita della Calabria. Nato il 18 marzo 1905 a Castiglione dei Cosentini, consacrato Vescovo il 29 giugno 1943 per provvidenza del Pontefice Massimo Pio XII, come il sole meridiano brillò in modo straordinario fra i presuli d’Italia per ingegno, cultura e devozione. Fu pastore indefesso, sommo maestro e strenuo difensore della fede e dell’Azione Cattolica.

Molte e grandi opere in favore della città e di tutta la regione Bruzia nella mente eccelsa meditava, ma una malattia fulminea, il 23 giugno 1950, restituì al cielo lui, strappato prematuramente al nostro amore e alla comune speranza. I figli bagnano pietosamente di mestissime lacrime il sepolcro, e tu, padre che molto hai amato, allevia il nostro pianto e assistici sempre benignamente […]» (traduzione nostra dal latino).

Alla sua elezione e consacrazione l’Italia è guerra e gli spostamenti sono difficoltosi, quindi riesce a giungere a Reggio il 10 agosto. È giovanissimo e succede a mons. Enrico Montalbetti, rimasto vittima di una incursione aerea alleata il 31 gennaio dello stesso anno mentre si trovava in visita pastorale ad Annà di Melito di Porto Salvo.

“I problemi del Mezzogiorno”

Lanza è per Reggio un vescovo attento ai problemi sociali che attanagliavano la penisola in quella fase delicatissima della sua storia. Durante il suo episcopato affronta gli ultimi anni della II Guerra mondiale, lo sbarco degli Angloamericani e le fasi della ripresa della vita democratica. Incentiva l'organizzazione di congressi e convegni, occasioni per approfondire specifiche tematiche religiose e sociali. Significativo il suo ruolo nel contesto della Conferenza episcopale calabra, di cui è il presidente.

Notevoli i suoi impegni anche fuori regione, come la partecipazione alla XXI settimana sociale dei cattolici italiani, svoltasi a Napoli nel settembre del 1947. La Lettera collettiva dell'episcopato dell'Italia Meridionale “I problemi del Mezzogiorno” (1948) viene pubblicata in un periodo molto delicato per la vita politica e sociale italiana e prende in esame i principali problemi del Paese, analizzandoli alla luce della dottrina sociale della Chiesa.

Dalla Calabria a tutto il Meridione

Mons. Lanza fu il primo ispiratore del progetto del documento della Chiesa calabrese, esteso poi a tutto il Meridione d’Italia, sulla cosiddetta “Questione Meridionale”, che allora tornava frequentemente alla ribalta politica. Il progetto fu non solo approvato, ma addirittura sollecitato da Pio XII attraverso i cardinali Montini, Urbani e Pignedoli.

Particolarmente significativo per spiegare i toni estremamente decisi che è dato riscontrare non solo in questa lettera pastorale, è il passaggio durante una riunione straordinaria dell’Episcopato calabrese tenutasi a Reggio il 12 dicembre 1947, di cui si legge nel verbale, redatto da S. Ecc. mons. Rateni, vescovo di San Marco e Bisignano e firmato da tutti i vescovi: «Il Santo Padre desidera nelle elezioni un’unità di indirizzo, una partecipazione totale senza assenteismo, un’opposizione netta delle nostre forze a quelle comuniste» (cfr. A. Sorrentino, I problemi del Mezzogiorno. Aspetti ecclesiali della Lettera pastorale collettiva, in AA.VV., Antonio Lanza Arcivescovo, Ed. De Maria, Cosenza 1996, p. 95).

Non è facile accertare per quali ragioni i firmatari di quel primo documento fossero «i vescovi di molte diocesi del Mezzogiorno d’Italia» e non proprio tutti i vescovi meridionali. Ad ogni modo esso rappresenta un primo punto fermo, anche se orientato piuttosto a rispondere ad un’esigenza del momento postbellico e segnatamente alla necessità di una riforma agraria nel latifondismo del Sud. La lettera, racchiusa tra un’introduzione ed una conclusione presenta tre capitoli: 1. Problemi del Mezzogiorno; 2. Principi e direttive; 3. I mezzi.

Le tappe della Lettera

La gestazione della lettera vide tre tappe importanti il 24 dicembre 1947, il 1 gennaio 1948 ed il 19 gennaio 1948. Nella prima “tappa” Lanza chiede a tutti gli ordinari dell’Italia meridionale un parere su una bozza entro il 10 gennaio successivo, precisando che: «Resta peraltro inteso che ove, entro la data indicata, non mi sarà pervenuta alcuna risposta in merito, ciò vorrà dire che Ella approva il contenuto della lettera. Essendo, poi, opportuno che essa venga letta contemporaneamente in tutte le Chiese, sarà mia premura, nell’inviarLe il testo definitivo, di indicarLe altresì la data per tale lettura».

Il 1° gennaio 1948 Lanza chiede alla congregazione concistoriale delucidazioni sull’ordine da seguire circa le firme apposte al documento.

La “terza tappa” vede la richiesta fatta a Lanza di corroborare il testo con delle integrazioni. Infine, Lanza può scrivere al Pontefice «i Vescovi dell’Italia Meridionale hanno inteso rispondere ad uno dei più urgenti compiti del loro Ministero, di essere cioè vigili e presenti in tutti quei settori della vita e dell’attività umana, nei quali esigenze di giustizia, di carità e di religione reclamano il tempestivo e premuroso intervento della Chiesa, impegnando la sua missione di Madre e Maestra» (cfr. F. Minuto Peri, Antonio Lanza pastore e maestro, Studium, Roma 2015, pp. 141-143).

Cosa successe dopo

Alla lettera del 1948 sono poi seguiti altri pronunciamenti. Va invero ricordato che un presule mons. Aurelio Sorrentino, arcivescovo di Reggio Calabria dal 1977 al 1990, dotato di grande sensibilità per le questioni sociali, costituisce quasi un’eccezione nel panorama episcopale. Nel 1973 - anno di ricorrenza del venticinquennio dal testo del 1948 -, Sorrentino fu l’estensore di una lettera pastorale dal titolo «Ricordando la Lettera Pastorale dell’Episcopato Meridionale su ‘I problemi del Mezzogiorno’».

Da pastore di anime e da analista sociale acuto l’arcivescovo (all’epoca lo era di Potenza, Muro Lucano e Marsico Nuovo) annotava con franchezza che la questione meridionale era ancora del tutto aperta e che anzi «il problema meridionale tutto sanguina in modo drammatico sul corpo della nazione con ferite che anziché accennare a rimarginarsi tendono ad allargarsi sempre più».


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Non a caso il filo rosso che si dipana da Lanza, nel 1948, giunge a Sorrentino, il quale fortemente vuole appunto a Reggio Calabria il Congresso Eucaristico Nazionale del 1988, in occasione del quale il papa Giovanni Paolo II sostiene che «la crescita dell’Italia è condizionata da quella del Mezzogiorno» e che «l’Italia non potrà essere riconciliata, ove non si giunga a riconciliare la realtà meridionale e, in genere, tutte le realtà periferiche ed emarginate con l’intero Paese». (cfr. R. Cipriani, in La religiosità in Italia, Milano 1985).

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