Avvenire di Calabria

Il riscatto delle donne passa anche attraverso le materie scientifiche tecnologiche ingegneristiche e matematiche. Ce lo spiega una professionista che è anche mamma e attiva nell'associazionismo cattolico

Donna e ingegnere, così il riscatto passa dalle Stem

Giovanna si racconta: «Vinti tanti pregiudizi. In università il prof disse che le donne perdevano tempo, poiché potevano diventare solo segretarie o amanti degli ingegneri»

di Davide Imeneo

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In occasione della Giornata Internazionale delle Donne in Ingegneria che si è celebrata domenica scorsa, 23 giugno, Avvenire di Calabria, in edicola con il quotidiano nazionale Avvenire, ha dedicato domenica una pagina di approfondimento, raccogliendo la testimonianza - fra le altre - di Giovanna D'Addio, ingegnere civile ed esperta in sicurezza.

Donne ingegnere, in Italia sempre più laureate

In Italia, le donne laureate in ingegneria sono circa 174.900, rappresentando il 18,6% del totale dei laureati nel settore. Se in passato la presenza femminile era limitata principalmente ai corsi di ingegneria civile, negli ultimi anni si è registrato un aumento significativo delle donne in tutti gli indirizzi ingegneristici.


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Donna e ingegnere, Giovanna D'Addio ci racconta la sua esperienza

Giovanna D’Addio, è anche presidente diocesana dell’Azione cattolica di Capua. In particolare, sulla sua esperienza professionale come ingegnera civile ed esperta in sicurezza, abbiamo condiviso alcune riflessioni legate al suo settore.

Cosa ti ha ispirata a diventare ingegnere?

Il lavoro di mio padre e le ore passate alla macchina da scrivere per preparare preventivi per opere idrauliche ed elettriche e calcolare le percentuali previste dalla allora normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, sono stati un naturale avvio alla professione.

Quali sono state le sfide più grandi che hai affrontato nel tuo percorso?

Raggiungere l’autonomia. Non avevo un materasso su cui cadere e ho lottato per lasciare lo studio tecnico dove ho lavorato per 12 anni. Sebbene mi abbia dato preparazione e forma mentis, il rapporto lavoro-compenso non mi assicurava un’autonomia economica e quindi totale.

Come riesci a “conciliare” vita professionale, famiglia e vita associativa?

Sono moglie e madre, ingegnere e da 34 anni attiva in Azione Cattolica. Questo è l’ordine delle mie priorità; lo stile di vita è quello associativo in ogni ambito. Si fatica a conciliare tutto e non lo nego, ma la mia famiglia è impegnata nel sociale, entrambi siamo coinvolti in associazioni, siamo genitori e ci sosteniamo reciprocamente; sono grata all’uomo che amo per essere sempre al mio fianco.


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Grande supporto negli orari d’ufficio lo riceviamo dai nonni, pilastro della nostra vita. La mia famiglia mi accompagna, quasi sempre, ai campi scuola. Ogni settimana partecipo a più riunioni tra presidenza, consiglio diocesano e settore adulti e quando Antonia non può restare col padre, riempiamo lo zaino di giochi e mi segue. Al sabato attività con l’Acr anche per lei. Sono Presidente e pochi lo sanno, ma orgogliosamente educatrice di bambini dai 4 anni, un ruolo riconosciuto da tutti. Affidandosi, “ quello che si vuole si fa”, nascondersi dietro agli alibi non è stato mai parte del mio essere. All’Ac ed all’impegno in essa so solo dire grazie, perché hanno tenuto sempre vivace la mia fede, arricchito la mia formazione e dato quella spinta al carattere che è stato fondamentale nel mio lavoro.

Hai mai affrontato discriminazioni di genere nella tua attività? Se sì, come le hai superate?

Sì, simpatici episodi! Oggi molte ragazze si iscrivono ad ingegneria, ma nel mio corso eravamo solo in sei, nonostante non sia nata nei primi del ‘900...solo negli ultimi dieci anni c’è stato un considerevole incremento di iscrizioni. La prima parentesi la devo al professore della tesi. Lo scelsi perché a lezione disse che le donne nel suo corso perdevano tempo, poiché potevano diventare solo segretarie o amanti degli ingegneri. Amo le sfide e mi impegnai, non poté rifiutare di affidarmi un titolo.


PER APPROFONDIRE: Materie Stem e ragazze, nessuna preclusione


Nello studio che condivido con mio marito e colleghi, alcuni clienti si rivolgono a me solo per chiedere un caffè alla signorina, allora sospendo quello che sto facendo e lo preparo volentieri. A volte comprendono l’errore, altre no, ma non perdo tempo. In cantiere sono spesso la “signora” e devo faticare per far capire alle maestranze che la progettazione e la direzione dei lavori sono miei. Il mio stile è sempre quello di cercare di essere autorevole con sorriso e garbo.

Quali consigli daresti alle giovani donne che vogliono intraprendere una carriera nell’ingegneria?

Alle giovani donne dico che essere ingegnere è bellissimo e non avrei potuto fare altro. Seguite la vostra vocazione e non limitatevi ai settori considerati “femminili”. Scegliete ciò che vi stimola ed entusiasma, perché sarà il lavoro del futuro per il quale dovrete lasciare i figli, talvolta piccolissimi, al nido. Ricordatevi di dedicare sempre del tempo a voi stesse, per la formazione e soprattutto per le cura della vita spirituale. È stata quest’ultima il materasso su cui ho sempre potuto cadere nei momenti di fallimento e su cui ho saltato per festeggiare gli obiettivi raggiunti.


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Come ingegneri, vi formeranno per cercare soluzioni e superare gli ostacoli. Personalmente ho raggiunto ogni obiettivo grazie alla costante formazione ed allo studio, trovando sempre sostegno nello Spirito Santo.

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